Wells insieme a Verne è considerato uno dei fondatori del romanzo scientifico. Nei suoi testi convivono mondo fantastico e scienza. Nelle sue opere prevale il pensiero che l'uomo debba sempre controllare il progresso tecnologico da lui creato. Questo pensiero è assolutamente condivisibile, ma in pratica non ancora realizzato. Wells è uno dei punti fermi della narrativa fantascientifica ed è stupefacente come possa aver previsto lo scoppio della seconda guerra mondiale e la bomba atomica con i suoi effetti devastanti. Per questo ritengo che una simile frase, scritta nel 1939, possa, anzi sia una esatta previsione, il succo di qualcosa che già si intravedeva e a cui nessuno avrebbe potuto porre rimedio.
Oggi assistiamo, sempre di più, ad un assolvimento di un programma antico che affonda profondamente le sue radici nella storia. Programma di difficile ed astuta costruzione. I suoi promotori hanno avuto tempo a sufficienza per organizzarsi in modo quasi perfetto. Così, ad una indagine approfondita, ma non troppo, si possono ancora intravedere miseri segnali di una verità soffocata e morente. Ogni campo è stato toccato e manipolato, nulla tralasciando al caso, fino al punto di costruire un Falso Nuovo Ordine Mondiale da dare in pasto alle masse. Pasto, costituito fondamentalmente, da rami e foglie vecchie da tagliare e mangiare. I Grandi Manovratori hanno pensato anche a questo! Così assistiamo ad un fiorire di notizie su illuminati, massoneria, esperti di interpretazione di testi religiosi, centri ufologici che contestano ogni cosa, ma pronti a raccogliere dati e a trasferirli a chi di dovere; oltre ad una stampa non più libera, ad un pullulare di santoni e guru, ad un proliferare di messaggi menzogneri e dissestanti. Non è possibile qui parlare di tutto, troppo lungo e noioso per coloro che hanno perso l'abitudine ad una sana critica, influenzati da un orrore politico di massificazione. Scriverò quindi di un argomento fantascientifico: l'ufologia.
Non mi se ne voglia, mi ritengo una particella sub atomica della massa informe, sicuramente impazzita e vogliosa di capire, ma è lontana da me, ancora molto, la Verità. Desidero solo dare un contributo a modo mio.
I misteriosi oggetti volanti affascinano tutti e, più o meno, siamo orientati a credere che esistano altre forme di vita sia nell'universo circostante, sia nella terra cava ed in ultimo nelle nuove dimensioni postulate dalla fisica delle stringhe. Le notizie e le informazioni che ci raggiungono sono spesso frammentarie ed incomplete, questo non impedisce però di ricamarci sopra e di dare un senso a quell'istinto, tipico dell'uomo, che sviluppa la sua conoscenza grazie ad una curiosità madre dell'intelligenza.
La mia ricerca parte dai W56. In rete si trova molto su questo caso che ha interessato l'Italia e l'Europa con interessamento di USA e Unione Sovietica, fin dagli anni 60. Stefano Breccia pubblicherà, nel 2007, il libro Contattismi di Massa, Nexus Edizioni, con prefazione di Roberto Pinotti che definirei il personaggio più in vista dell'ambiente ufologico italiano, consacrando di fatto quel che è riportato nel libro. Non mancano persone che contestano il contenuto del testo, rifacendosi principalmente alle disavventure giudiziarie di Bruno Sammaciccia che a loro dire renderebbe inaffidabile tutto il contenuto del racconto. Ho letto il libro con una certa fatica. Qualcosa mi imponeva di abbandonarlo per poi riprenderlo, ma avevo quella fastidiosa sensazione di incompletezza e di incongruenza. Ho voluto affiancare la lettura, raccogliendo informazioni da persone che all'epoca avevano vissuto i fatti narrati ed è stato così che insieme ad alcuni amici, ho incontrato Gaspare De Lama. La sintonia con Gaspare è stata immediata, così pure con Prem, sua moglie. Gaspare è una persona con una vitalità trascinante, dotato di ironia, sempre disponibile, mai arrogante nè scostante ed in possesso di una qualità importante: la sincerità. Siamo diventati amici e sono orgogliosa di aver conosciuto Gaspare e di avere il suo affetto. Nell'analisi dei fatti dei W56 è stata la sua sincerità a darmi la voglia di proseguire e di non arenarmi quando i dubbi si facevano più grandi. Quelle sue parole : "Io l'ho visto transitare dal terrazzo di casa mia a Milano, era grande e si è fermato a salutare" mi hanno fatto buttare via quell'insana idea che le foto dei dischi, mostrate e valutate come vere, non fossero che foto di modellini telecomandati, perché in questa storia, stranamente, vi sono molti personaggi che si occupavano di aeromodellismo, da quel Franco T. (o Francesco C.) presunto nipote di Sammaciccia, ad altri partecipanti vecchi e nuovi di questa storia.
Singolare appare poi la scarsa importanza data al fatto che la "Leggenda di Pescara" ebbe inizio grazie ad un giovane che costruiva e pilotava i suoi modellini sulla spiaggia. Fu sulla spiaggia che il ragazzo incontrò il primo W56, fu in quel luogo che fece amicizia e fu in quell'anno, il 1956, che venne portato per la prima volta in una base sotterranea. Il giovane visse un'esperienza estrema ed interessantissima, gli vennero insegnate molte cose fra cui anche pilotare un vero disco, peccato che impazzì e di lui, che sia Francesco C o Franco T, si persero le tracce. Invece Bruno Sammaciccia diventò il guru di un gruppo che avrebbe avuto contatti con i W56 e ne avrebbe ereditato il testimone. Sommariamente nel testo si fa cenno ad una comunicazione giunta dai W56, di recarsi alla Rocca Pia (Ascoli), luogo in cui sarebbe avvenuto l'incontro. Presumo che questa comunicazione sia arrivata tramite la telescrittura, metodo in voga negli ambienti della parapsicologia e dello spiritismo, soprattutto in quei tempi.
Ma chi era Bruno Sammaciccia? Prolifico autore di testi di argomento religioso, molto conosciuto negli ambienti ecclesiastici e legato al Vaticano, viaggiatore di eccezione, con conoscenze altolocate in vari ambiti, dal Vaticano alle forze dell'ordine, dall'esercito agli ambienti accademici universitari, dalla stampa alla televisione; i luoghi più adatti al controllo. Le linee di carattere emergenti dal testo, non sono delle migliori, ma sicuramente si evidenzia una personalità forte, abituata al comando. Ricapitolando: Vaticano, alte gerarchie militari e UFO, con la Chiesa da sempre ben informata su quanto accade in quest'ambito grazie al suo Servizio di intelligence.
Per meglio capire l'atmosfera del 1954 vi rimando ad alcuni video, uno dell'Istituto Luce che trovo molto interessante
e l'altro di Robert Dean intervistato da Project Camelot
e poi a questo articolo di Paolo Fiorino sulla rivista UFO (rivista di informazione ufologica . N°29 - Luglio 2004), 1947-1970. I primordi dell'ufficialità in Italia, dai primi documenti delle forze armate al "Collegio Invisibile " italiano.
Già dalle prime righe si può notare la difficoltà organizzativa dei militari italiani di fronte alle grandi ondate di avvistamenti avvenute dopo il 1947 ed in particolare per quelli, numerosissimi, del 1954. Il Ministero della Difesa introdurrà una scheda segnaletica OVNI che è in uso ancora oggi anche se in versione modificata e che anche il CUN (Centro Ufologico Nazionale) adotta.
Sia il SIOS (aeronautica) sia il SIFAR (servizio informazioni forze armate) sia l'Arma dei Carabinieri, seguirono insieme, fino al 1978, il fenomeno OVNI in quanto "poteva essere indice di una minaccia alla sovranità nazionale sotto forma di violazione dello spazio aereo".
Non credo che dopo il '78, gli avvistamenti di oggetti volanti non identificati, non rappresentassero più una minaccia alla sovranità nazionale, credo invece che di fronte al proliferare della new age e di tutta la disinformazione accumulata, si sia preferito tacere e lasciar fare, ma che i controlli siano addirittura divenuti più ferrei e rigorosi.
Penso, ad esempio, a tutti quei personaggi da web e da televisione che allegramente vanno raccontando in giro dei loro contatti e rapimenti, nonchè di viaggi interplanetari, come se fosse la cosa più naturale del mondo, la cui popolarità ed il cui largo seguito probabilmente vengono, se non incentivate, per lo meno tollerate, proprio a titolo disinformativo. Senza contare, poi, che se uno fosse stabilmente in contatto con entità aliene sarebbe super controllato 24 ore al giorno.
Ritornando ai W56, considerando il periodo, 1956, e il luogo, Italia ed Europa, è molto facile capire che quegli esseri, di cui Sammaciccia riferisce, appartengano a quell'ondata di reali avvistamenti e ancora più interessante è che delle quattro specie “censite”, una era del tutto umana, anzi che " i veri umani erano loro". La tecnologia di questi esseri "altri" è estremamente avanzata ed articolata, fondata, per quanto ci è dato di sapere, sull'elettromagnetismo (la forma più elementare) ma anche sull'amore (il livello più sofisticato). Parlare di tecnologia dell'amore è una cosa per noi inconcepibile. Molti, di fronte ad una simile affermazione, potrebbero cavarsela con un sorrisetto presuntuoso, non riuscendola nemmeno ad immaginare.
Quando penso al mio telefono nero appeso al muro e ai super moderni smartphone oggi in uso, al forno a microonde, ai laser, ai pc ed a tutta la strumentazione di cui oggi siamo in possesso, mi viene necessariamente da credere che qualcuno deve averci per forza dato una mano o che per lo meno, quella mano, sia stata in qualche modo costretta a fornirci le informazioni necessarie per uno sviluppo così repentino ed inatteso.
Non è difficile, in conclusione, ipotizzare un coinvolgimento, a vario titolo, dei servizi di intelligence e/o militari nelle vicende che hanno visto e vedono in azione autentiche entità non appartenenti alla nostra specie umana, come in quella del caso Amicizia. Sarebbe, anzi, poco credibile ritenere che esperienze di tale rilevanza e di tale durata nel tempo siano sfuggite e sfuggano al controllo dei sistemi di sicurezza. In questa luce, forse, si possono anche collocare figure di spicco dell’ufologia che, con discrezione e competenza, si muovono consapevolmente in questo mondo così sfuggente ma affascinante.
Al termine di queste considerazioni desidero riportare il saluto riservato all’autore di Contattismi di massa Stefano Breccia da parte di Roberto Pinotti sul forum del CUN.
Ciao, Stefano!Stefano Breccia è tragicamente e immaturamente mancato il 2 marzo 2012 per le improvvise e inattese complicazioni emorragiche e circolatorie indotte da un prolungato trattamento chemioterapico che, per curare un tumore alla gola, lo aveva fortemente indebolito. Ma fino ad allora tutto era andato benone, ed era anzi in fase di netta ripresa. Ci eravamo anche sentiti poco prima della mia recente partenza per gli USA per onorare l’invito a partecipare per il CUN in rappresentanza italiana al Congresso Ufologico Internazione di Phoenix in Arizona. Gli avevo da poco inoltrato il testo della mia prefazione per il suo secondo libro, da lui sollecitatami più volte. La sua improvvisa e inattesa morte ha colpito molti all’interno del Centro Ufologico Nazionale, a cominciare dal sottoscritto. Si da infatti il caso che, praticamente coetanei (fra le nostre rispettive date di nascita vi sono infatti solo pochi mesi di differenza), ci fossimo conosciuti a Bologna poco più che ventenni in casa di Mario Maioli, il primo presidente del CUN, che stabilì subito con noi due un rapporto molto caloroso forse perché entrambi gli ricordavamo molto, per aspetti diversi, l’unico figlio tragicamente scomparso poco tempo prima. E ne nacque subito un gran bel rapporto.
Con Stefano eravamo molto diversi ma quanto mai complementari. Studi socio-umanistici io, studi tecnico-scientifici lui. Intelligenza analitica la mia, sintetica la sua. Ottimista io, serioso lui. Logico io, romantico lui. Estroverso io, timido lui. Antifumo io, accanito fumatore lui. Conversatore io, taciturno lui. Ma eravamo giovani e positivi. E così pure eravamo colti, preparati, spigliati, poliglotti e desiderosi di fare. Pertanto nel CUN di allora giocammo subito dei ruoli importanti. Conferenze pubbliche, contatti con la stampa, incontri di livello, rapporti con l’estero, traduzioni. Io non avevo problemi con l’inglese, il francese e lo spagnolo, lui con l’inglese ed il russo, lingua in cui primeggiava.
Diventammo amiconi. Frequentavamo l’università io a Firenze e lui a Bologna, e spesso ci vedevamo in quest’ultima città. Facemmo entrambi il militare come ufficiali di complemento dopo aver passato le dovute selezioni. Nell’Esercito (in artiglieria missili) io, in Aeronautica Militare lui. E nelle nostre indagini ci imbattemmo anche in Amicizia, di cui incontrammo alcuni esponenti. All’inizio io ne sapevo in effetti più di lui, dato che di tutta la faccenda ero stato informato da tempo dal console Alberto Perego, pioniere dell’ufologia in Italia. Ma sorse il desiderio e la necessità di approfondire, e Maioli ci invitò paternamente alla cautela. Stefano, d’altronde, residente com’era a Pescara, si trovava nella posizione ideale per sviluppare la cosa, e pensò dunque di “infiltrarsi” nella consolidata realtà abruzzese di tale ambiente. E lo fece. Io, per ragioni logistiche, in pratica ne restai invece fuori. “Tanto ci sarò io a raccontarti tutto” diceva Stefano fra il serio e il faceto.
Quanto poi avvenne è appartenuto solo a lui e alla sua personale esperienza.
Un’esperienza individuale, concreta, intensa e spiazzante. E dalle tante cose da lui raccontatemi io ho sempre ricavato un chiara ed inequivocabile conclusione. Quella che nel caso qualsiasi dubbio è e resta fuori luogo. Stefano infatti non si è mai vantato di nulla, non ha mai ostentato cose o situazioni e certamente non si è mai contraddetto e non ha mai inventato alcunché. Anzi, in fondo parlava molto poco e ti diceva solo quanto gli chiedevi di dirti. Ma quello che diceva lo aveva sicuramente vissuto e non erano affatto stupidaggini. E da persona assolutamente concreta ed estremamente preparata a livello tecnico quale era, in campo scientifico nessuno avrebbe mai potuto ingannarlo. Meno che mai qualsiasi “guru” da strapazzo.
Sentirsi dunque dire che anch’egli aveva finito col condividere la realtà di incontri assolutamente “normali” con “infiltrati” extraterrestri non dissimili da noi ed in mezzo a noi grazie ad Amicizia avrebbe potuto essere inaccettabile per molti. Ma non per un amico personale come me ben consapevole del suo profondo equilibrio interiore e del fatto che una testimonianza come la sua non può essere ignorata.
Mentre Amicizia entrava in crisi interna e si dissolveva in silenzio, il nostro rapporto si consolidava. Altri, nel CUN stesso, non nascondevano la loro incredulità per i rari ma esaurienti rapporti forniti da Stefano sull’andamento di tale organizzazione. Certe cose, più che mai allora, non potevano che essere per pochi. E così tutta la storia di Amicizia continuò a rimanere nell’ombra. Io fui in seguito l’unico ad accennarvi quanto bastava in un mio libro nella collana degli Oscar Mondadori, UFO: SCACCHIERE ITALIA. Ma senza reazioni concrete. Vi fu solo chi mi chiese di non fare nomi e cognomi. Oggi la legge sulla privacy lo impedirebbe comunque.
Pur manifestando all’esterno e mantenendo vivi i suoi interessi ufologici, Stefano si tenne necessariamente tutto o quasi per se. E come accadde anche a me, lo prese poi la vita, la famiglia, il lavoro. Oltre che un buon marito e padre, divenne un tecnico d’eccezione, un buon manager e infine un dirigente della Telecom con mansioni di altissima responsabilità in Italia come pure all’estero (anche al di là della Cortina di Ferro e addirittura in Siberia) e perfino un brillante docente universitario all’ateneo dell’Aquila. Qualcuno potrebbe in effetti ritenere sorprendente che uno col suo curriculum avesse a che fare con la “assurda” storia degli alieni di Amicizia. Ma non lo è affatto. A Padova, per esempio, un altro docente universitario a lui ben noto vi era infatti coinvolto. Quando di tanto in tanto gli facevo notare che forse le sue esperienze sarebbero state da condividere con altri, Stefano manifestava i suoi forti dubbi, nel senso che nessuno, diceva, ci avrebbe creduto. Nondimeno aveva cominciato a raccogliere le idee e a redigere appunti. “Un giorno forse, diventeranno un libro. Ma sarà scritto solo per me”. E così fu. E solo la mia tenacia nello spingerlo a condividere le sue esperienze valse infine a indurlo a pubblicarlo. Dapprima pensava di firmarlo con uno pseudonimo. Poi, però, il suo pensionamento fece sviluppare in lui l’idea che tanto non c’era proprio nulla da perdere. Una invidiabile carriera professionale ed accademica alle spalle, i figli ormai maggiorenni e sistemati, il divorzio, una nuova compagna dopo questa spiacevole esperienza. Tutto ciò gli permetteva di dire “chi se ne frega?”, e di vuotare il sacco. E così, convinto infine da me, il libro prese corpo e fu pubblicato dalle edizioni Nexus: CONTATTISMI DI MASSA. E col suo nome. E’ stata una decisione non già incosciente o tanto meno autolesionista, bensì meditata e quasi eroica. “In fondo uno col mio curriculum è credibile” diceva. “Chiunque altro, più che mai se sotto pseudonimo, non lo sarebbe di certo”…
Uno scopo era anche indurre altri che avevano avuto la stessa sua esperienza a venire allo scoperto. Ma non servì a molto. Solo Gaspare De Lama e sua moglie da un lato e Paolo Di Girolamo dall’altro accettarono di esporsi. Altri – e io ne conosco – pavidamente tacquero. Perché, in età avanzata, mettersi in discussione con la gente e dover convincere il prossimo di esperienze esaltanti ma assolutamente personali? E così il silenzio non è stato ancora rotto.
Stefano – come anche chi scrive – ne fu deluso. E dagli scettici avrebbe voluto essere magari attaccato, per replicare ad hoc. Invece tutti zitti…
Ma si sa, il silenzio è di chi sa di non poter prevalere con certi avversari. E con un Breccia non la si poteva spuntare.
Così mise mano ad un secondo volume per non sentirsi magari accusare poi da qualcuno di avere omesso qualcosa. E come nel primo caso, mi chiese di scriverne la prefazione. Ora, purtroppo, questo volume (se uscirà) vedrà la luce postumo.
Stefano ci mancherà. E tanto. Ci mancheranno le sue battutine salaci e fulminanti, le sue occhiate complici, la sua grande preparazione tecnica, la sua consumata abilità di scacchista, la sua quasi serafica pacatezza ed il suo sorriso aperto, giovanile e un po’ triste. E anche le sue cameratesche pacche sulle spalle ed il suo allegro e fraterno abbraccio quando ogni tanto ci vedevamo. Adesso non è più con noi.
Nella malattia abbiamo cercato di stargli vicino via e-mail dal momento che non poteva più parlare, aderendo alle sue richieste, e oggi per lui non possiamo fare di più. Alcune cose, però, vanno ora assolutamente impedite.
Bisogna infatti evitare che imbecilli ignoranti e scettici superficiali ne infanghino vigliaccamente la memoria ora che non c’è più per potersi difendere; e non bisogna consentire che quanto ha detto e scritto sia manipolato, travisato o strumentalizzato per interessi vari; è indispensabile infine fare sì che la sua memoria sia valorizzata e non già dimenticata anche se in fondo piuttosto “scomoda”.
Nè il CUN né Roberto Pinotti intendono indire crociate a difesa di Stefano Breccia. Perché egli non ne ha alcun bisogno, in effetti. Stefano – anche se ha avute certe esperienze – non è in realtà un “contattista”, ma solo un onesto testimone di cose più grandi di lui e di noi. Cose successe e che continuano a succedere, e di cui l’esperienza riduttiva, limitata e in parte fallace di Amicizia costituisce solo la punta dell’iceberg.
Grazie, Stefano. Hai fatto un buon lavoro e un giorno qualcuno lo dovrà riconoscere.
A tempo debito.
Quando a suo tempo Stefano, cedendo infine ai miei ripetuti stimoli, si è deciso a sollevare il coperchio sulla scomoda e pressoché ignota (salvo a pochissimi) storia di Amicizia redigendo con coraggio lo sconcertante testo del suo CONTATTISMI DI MASSA, ero ben certo non solo che non avrebbe mai potuto dire tutto su una faccenda tanto complessa; ma anche che il suo libro avrebbe finito con l’innescare un processo virtuoso di graduale “outing” tale da fare emergere ulteriori dati ed elementi da parte di protagonisti della vicenda ancora in vita. I fatti hanno poi dimostrato che avevo ragione ma anche torto. Ragione perché accanto ai citati Gaspare De Lama con sua moglie e Paolo Di Girolamo (il quale sempre su mio interessamento ha poi pubblicato il suo NOI E LORO a complemento del libro di Stefano) si è in effetti poi manifestato anche qualche altro “superstite” desideroso di rifarsi vivo. E’ stato ad esempio il caso dell’autore del testo “La storia di ’Amicizia’”che, per il tramite di Nikola Duper, dal sito w56.duper.org sono anche riuscito a fare inserire in appendice nel mio ALIENI: UN INCONTRO ANNUNCIATO (Oscar Mondadori, Milano 2009). Otto belle pagine fitte e firmate da “Uno del Giuramento” che al di là dell’anonimato sono comunque importanti per la loro diretta conferma di tutta la storia, ma che tradiscono così pure il timore (forse eccessivo) di esporsi da parte di chi le ha scritte per non crearsi problemi di tipo professionale e sociale. Un timore difficile da superare che ha generato nei silenziosi protagonisti italiani della vicenda rimasti nell’ombra un atteggiamento in bilico fra il desiderio di volersi manifestare e una contraddittoria posizione di attendismo. Ecco dunque perché sotto questo profilo ho anche avuto torto. Infatti nel frattempo di tempo ne è trascorso. E così ecco ad esempio l’Avv. Franco Saija di Torino passare a miglior vita prima di poter dire la sua anch’egli com’era sua intenzione. Peccato. Altri, da un E.B. ad un B.G., dalle loro rispettive abitazioni di Milano e di Roma mi hanno confermato invece la loro intenzione di voler continuare a tacere, almeno per ora. Il che è legittimo. Anche perché in fondo per loro la storia è chiusa.
Ma lo è poi davvero?
In effetti la risposta è no. Certo, la storia si è formalmente conclusa e ben prima della morte di Bruno Sammaciccia, ma in effetti non è poi necessariamente così. Perché tutto fa pensare che gli “infiltrati” alieni di Amicizia, constatato l’abortire progressivo della loro esperienza in Italia fra gli anni Cinquanta e Settanta con tanto di graduale decadimento della “uredda” nel gruppo, non se ne siano affatto andati come annunciato a seguito del preteso contrasto W56-CTR, ma abbiano piuttosto volutamente ed unilateralmente interrotto i rapporti con i loro più stretti collaboratori di un tempo in questo Paese, avviando nel contempo altre esperienze altrove, con interlocutori con ogni probabilità maggiormente affidabili. Perché il problema alla fine siamo e restiamo noi, e non “Loro”. Noi, con i nostri limiti tali da mettere talvolta in difficoltà noi e “Loro”. Così ecco che ad esempio emerge un successivo ed insospettato replicarsi della situazione pescarese in Sud America, e probabilmente non solo. Una circostanza significativa che potrebbe facilmente portare a conclusioni deludenti e anche fuorvianti, quali ad esempio quella secondo cui i partners umani sarebbero stati da “Loro” in qualche modo “scaricati” per non dire ingannati.
Però non è così semplice. Si ricordi che anche da noi se a livello strategico si decide di azzerare una situazione con una unità operativa che lascia a desiderare e va dunque sacrificata i rapporti individuali con i pur più validi e virtuosi suoi componenti devono ugualmente venire meno. E nessun buon militare considererebbe ciò un “tradimento”. Anche perché noi e “Loro” non siamo affatto, piaccia a no, sullo stesso piano. Per cui è legittimo e anzi scontato che per scompaginare definitivamente le carte siano assunti nei confronti di chi non si rassegnasse a vedere archiviato ogni rapporto dei comportamenti contraddittori e anche apparentemente illogici.
Il che non autorizza peraltro “chiavi di lettura” in negativo o superficialmente riduttive, in linea con una visione puramente manichea della situazione in cui forse la stessa presentazione del “confronto” W56-CTR potrebbe in fondo essere almeno in parte fittizia, ma nondimeno necessaria e funzionale alla nostra semplicistica visione della realtà: buoni e cattivi, bianco e nero, positivo e negativo…
Agli scolari delle Elementari non si può indubbiamente parlare come a degli studenti universitari. E poi va ricordato che in effetti la realtà vera è costituita in concreto da molteplici gradazioni di grigio.Comunque, di fronte ad una prospettiva cosmica i nostri comportamenti sfumano e si perdono, lasciando il passo a componenti etiche forse ben più importanti del nostro pur legittimo anelare alla conoscenza e alla tecnologia: l’amore, la lealtà, la serena comprensione dei limiti nostri e degli altri. Tutti elementi sui quali avremmo potuto costruire da tempo un mondo migliore, e che “Loro” nell’archiviata esperienza di Amicizia hanno sempre invitato a valorizzare. Riuscirci non è certo facile. Ma quanti come un Gaspare De Lama e sua moglie Mirella ci sono perfettamente riusciti con serenità e senza alcun rimpianto hanno certo tratto dall’accaduto la migliore delle lezioni, tesaurizzandola oltre la fallace frontiera dell’ego e diventando migliori. Non a tutti riesce.
Una volta mi è stato detto, giustamente, che gli amici veri vanno presi ed accettati per quello che sono oltre ogni loro difetto. E’ giusto. E ciò è quanto in effetti “Loro” hanno fatto e continuano a fare nei nostri confronti, oltre ogni nostra deludente manifestazione tipica di allievi velleitari ma ancora mediocri. Si ricordi infine che Amicizia è stato solo una delle esperienze di “contattismi di massa” finora innescate, e che anche altre, come ad esempio quella ben nota del “caso Ummo”, sono state in precedenza archiviate.Coraggio, un giorno forse non troppo lontano sapremo interagire meglio con “Loro” e così il nostro rapporto con gli “infiltrati” da sempre operanti silenziosamente sulla Terra (gli stessi che alcuni esoteristi hanno in passato definito con termini suggestivi ma significativi quali “Gerarchia Occulta” ovvero “Superiori Sconosciuti”) non avrà più i necessari limiti di oggi…
Stefano Breccia, adesso, ha tutte le possibili risposte.
Roberto Pinotti
Past President e Segretario Generale del Centro Ufologico Nazionale (CUN)
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Il testo riportato qui sopra non ha bisogno di aggiunte, si può solo sottolineare il grande affetto e la grande amicizia dei due. Due uomini di valore, collocati in posti di prestigio che hanno detto molto, ma sicuramente non tutto, così come Sammaciccia, così come il console Perego e come tutti quelli che lavorano agli avvistamenti OVNI che ricordo sono indice di una minaccia alla sovranità nazionale, non solo italiana, ma mondiale. Non perché siano cattivi, ma perché le nostre armi sono pari a punture di spillo, la nostra tecnologia fa ridere ed è ricavata dalla loro e sopratutto perché sono già pronti ad intervenire a favore di una umanità che possa, voglia, debba credere nell'amore, veramente.