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20 novembre 2013 3 20 /11 /novembre /2013 22:34

Lo yoga del sogno (milam), assieme allo yoga del calore interno (tummo), lo yoga del corpo illusorio (gyulu), lo yoga della chiara luce (osel), lo yoga dello stato intermedio (bardo) e lo yoga della separazione della coscienza dai veicoli (phowa), fa parte del Naro Chodrug (le "sei dottrine di Naropa"). Tali dottrine sono le più importanti tecniche e discipline meditative della scuola Kagyupa, una delle quattro principali scuole del Buddhismo Tibetano. Esse coincidono parzialmente con le dottrine del Bardo Thotrol.

Lo yoga del sogno ha lo scopo di prepararci alla liberazione dal ciclo delle rinascite durante lo stato intermedio (bardo) nel post-mortem utilizzando:

- lo sviluppo della lucidità durante il sogno, per farci comprendere che le visioni del sogno sono proiezioni della nostra mente, non hanno realtà propria, e sono solo delle apparenze;

- la consapevolezza che lo stato in cui viviamo normalmente da svegli è simile allo stato di sogno.

I sogni, come tutte le esperienze del samsàra, sono dovuti alla metafisica 'avidyà-ignoranza’, cioè la non consapevolezza della nostra vera natura, a causa della quale abbiamo creato e creiamo in continuazione il nostro karma, che poi ci portiamo dietro sotto forma di "semi" (samskàra) e di "tendenze" (vasana) che ci vincolano, e che determinano i nostri comportamenti nel mondo del divenire.

Durante il sogno, i semi karmici si manifestano alla coscienza senza i legami della mente e noi sperimentiamo passivamente le loro proiezioni; durante la veglia, attraverso i sensi colorati dalle tendenze-vasana, sperimentiamo quell'immenso "sogno" isvarico che è il mondo. I nostri sogni, pur dipendendo sempre dalle tendenze karmiche, vengono considerati effetti samsarici quando hanno origine dalle vicissitudini e dai desideri dello stato di veglia; per esempio, un’esperienza che ha particolarmente "impressionato" la nostra psiche può facilmente riemergere durante il sogno. Quando invece i sogni sorgono e dipendono dalla capacità della nostra coscienza di rimanere nello stato di testimone, essi sono considerati sogni di consapevolezza.

 

Pratica

Per rimanere lucidi nello stato di sogno la dottrina tibetana propone due metodi:

a) il metodo tantrico, che ha principalmente lo scopo di prepararci a ottenere la liberazione durante gli stati di bardo;

b) il metodo dello Dzogchen o della "luce naturale", che ha per scopo la liberazione utilizzando il periodo di tempo compreso tra il momento in cui ci addormentiamo e il momento in cui la mente riprende a funzionare; poi la lucidità nel sogno si manifesta come conseguenza della liberazione.

Si riporta sinteticamente l'insegnamento di Namkhai Norbu:

“Nello yoga del sogno ci sono due tecniche, una preliiminare e una fondamentale. Secondo la tecnica preliminare è necessario, prima di andare a letto, interiorizzarsi, cioè ritirarsi dalla identificazione con il fisico, le emozioni e i pensieri possibilmente usando la tecnica del pratyahara per poi addormentarsi con l'intenzione di ottenere la lucidità nei sogni. A letto è consigliabile dormire sul fianco destro per rendere libera la narice sinistra. Con la pratica la posizione non ha più importanza.

Dopo la pratica preliminare, abbastanza interiorizzati, prima di addormentarsi visualizzare la lettera "A" bianca e luminosa al centro del corpo percependone anche il suono. Rimanere il più a lungo possibile concentrati su questa lettera cercando di averne un'immagine molto precisa. Poi aumentare lentamente l'interiorizzazione in modo da prendere sonno più facilmente. Nell'addormentarsi è fondamentale mantenere la presenza della "A" bianca; se ci si riesce, si dormirà mantenendo la piena consapevolezza. All'inizio si sperimenterà una certa tensione che si cercherà di allentare rilassandosi ma senza abbandonare l'immagine della "A" bianca fino a quando, completamente rilassati, si entra nel sonno. Probabilmente saranno necessari diversi tentativi ma se si riesce a prendere sonno nel modo appena descritto si entrerà nello stato di sogno riconoscendo facilmente che si sta sognando. Proseguendo con la tecnica, si sarà sempre più coscienti di stare sognando. Con la visualizzazione della "A" bianca prima di dormire si utilizza la mente per raggiungere uno stato che trascende la mente stessa. Al mattino, cercare di svegliarsi con la consapevolezza che ci si sta per svegliare; appena svegli, ricordare la lettera "A" bianca e risuonare il suono "AAAAA". La "A" bianca rappresenta sia l'unificazione del nostro stato di coscienza con quello di tutti i nostri Maestri, sia il fluire armonioso dell'energia nel nostro fisico.

Se malgrado vari tentativi non si riesce a diventare consapevoli di stare sognando, ci si può aiutare visualizzando una "A" rossa nel cakra della gola. Se dopo altri tentativi non si diventa consapevoli, si può visualizzare una sfera bianca sulla nostra fronte in corrispondenza del chakra ajna (il cosiddetto "terzo occhio"). Infine, se dopo questi tentativi non si riesce ancora ad essere consapevoli di sognare, si può pensare con continuazione che tutto quello che facciamo e che vediamo durante il giorno è solo un sogno.

Se ci si addormenta con la presenza della "A" bianca e ci si risveglia al mattino con la "A" ancora presente, potrebbe significare che si è rimasti in uno stato interiorizzato per tutta la notte. Quando i sogni diventano pura consapevolezza si è raggiunto lo scopo, e allora non servono altre tecniche.

Lucidità e consapevolezza nel sogno

Sognare significa vivere emozionalmente le visioni proiettate da noi stessi. Nel sogno, come nella veglia, siamo ancora in presenza della dualità soggetto-oggetto. Infatti l'io empirico di sogno, generato dalla mente, è il soggetto che fa esperienza dell' oggetto-sogno da lui stesso proiettato. Quando ci addormentiamo perdiamo la nostra identità, la coscienza si ritira dai sensi e la mente si distrae con immagini fino a dissolversi nel buio del sonno.

Poi, per poter sognare, la mente ritorna attiva, ricostituiamo sia il senso dell'io empirico con il quale ci identifichiamo, sia la relazione di dualità. Rimaniamo con il senso dell'io di sogno fino al successivo periodo di incoscienza, cioè di sonno, e così durante la notte alterniamo periodi di sonno a periodi di sogno.

Quando, con l'assidua pratica, riusciamo a ottenere la lucidità dei sogni, diventiamo anche consapevoli della loro illusorietà, e allora diventiamo capaci di trasformarli per creare i sogni che vogliamo; così non sono più i sogni a condizionarci, ma siamo noi a guidarli; questo processo lo applichiamo non solo alle forme, ma anche, e specialmente, alle sensazioni, e ciò ci sarà di grande aiuto nello stato di bardo. Se sogniamo qualcosa di spiacevole dobbiamo riuscire a trasformarlo nel suo contrario. Se sogniamo che ci aggredisce un demone irato, ci trasformiamo in un demone più grande di lui. Se siamo aggrediti da entità apparentemente reali, dobbiamo riuscire a trasformarle in enti luminosi. Le possibilità del sogno sono illimitate, possiamo cambiare ciò che vogliamo, ma cambiandolo in un qualcosa di positivo.

A questo punto, però, c'è il pericolo che si crei un certo attaccamento alla capacità di trasformare le immagini del sogno; attaccamento che, se vogliamo progredire, deve essere in ogni caso superato. Se durante il sogno non solo sappiamo di sognare ma abbiamo la consapevolezza che tutto è apparenza, stiamo penetrando nell'essenza della auto-consapevolezza.

 

Anche la vita da svegli è un sogno

Il progresso nello yoga del sogno dipende dal modo in cui utilizziamo la mente da svegli. Normalmente noi pensiamo che lo stato di veglia, con i suoi desideri e gli attaccamenti, sia più reale dello stato di sogno. La dottrina ci insegna invece che il mondo del divenire, dei fenomeni, che noi consideriamo reale, è non reale, simile al riflesso della luna nell' acqua. Il sogno nello stato di veglia e il sogno nello stato di sonno non sono molto diversi; se osserviamo la loro vera natura scopriamo che non esiste alcuna differenza fra loro. Ad esempio, i due stati sono entrambi vincolati da causa ed effetto, tempo e spazio, anche se nel sogno abbiamo una diversa sensazione del tempo, e quindi anche dello spazio. Dal punto di vista dell' Assoluto tutte le esperienze della vita sono un grande sogno.

Il sogno ci consegna alla veglia, che è essa stessa sogno. Nel sogno, infatti, come nella veglia, crediamo di essere desti, abbiamo il senso del tempo e dello spazio, sono presenti le forme-oggetti, la dualità io-non io, il sentire attrattivo-repulsivo. Nel sogno, come nella veglia, ogni cosa appare reale. Solo al risveglio tutto cambia e ciò che si era creduto vero si rivela per quello che è: un semplice sogno.

Anche gli oggetti dello stato di veglia, se riuscissimo a osservarli come facciamo con quelli onirici da un diverso e più compiuto sistema di coordinate, si rivelerebbero non reali, ma questo implica un Risveglio Coscienziale molto più profondo del comune risveglio dal sonno, il quale conserva intatto il senso dell'io. Questo Risveglio dissolve completamente l'io e con esso il non-io (dualità soggetto-oggetto), perché l'oggetto percepito (spettacolo) scompare con la scomparsa del soggetto percipiente (cioè, lo spettatore).

Riconoscere-realizzare la non-realtà del non-io si può quando si riconosce e si realizza la non-realtà dell'io. Fantasma questo, fantasma quello. Sogno questo, sogno quello. Ma tale riconoscimento-realizzazione è inversamente proporzionale al grado di identificazione col non-essere. Non è facile perciò "morire” all'individualità, riconoscersi di là dal corpo e dalla psiche, in quel vuoto di fisicità, passionalità e razionalità, né d'altronde sarebbe auspicabile, se non si è pronti per questo evento.

Un prematuro disgiungimento dall'io, che reale non è, ma col quale la coscienza si è identificata, senza aderire all'Essere che in realtà si è, può condurre allo smarrimento e innescare nell'individuo un processo patologico che può sfociare in una grave forma di dissociazione psichica. Per la coscienza, finché non ritrova il suo asse centrale (il vero Sé, o Natura-di-Buddha), l'io rappresenta un fondamentale sostegno senza il quale essa vacilla e può crollare. Il senso dell'io costituisce pertanto, nel tempo e nello spazio, un elemento valido e necessario mentre la coscienza va maturando; maturità che coincide appunto con la riconquista del centro e quindi con la disidentificazione dal sogno-illusione.

L'individuo rapporta tutto a se stesso in quanto ‘Io’, e all'io, infatti, egli costantemente guarda sia nell'agire che nel reagire. Con la scomparsa dell'io di riferimento, scompare di conseguenza ogni movimento di natura offensiva e difensiva, non essendoci più un ‘io’ che voglia offendere o che debba difendersi. È la condizione di chi ha riconquistato il Regno dei Cieli, di chi ha ritrovato cioè la Pace perduta.

Col Risveglio, il sogno cosmico tuttavia non scompare, come invece accade alla proiezione individuale notturna del sognatore, (il cosmo è un'Idea proiettata nello spazio e nel tempo dalla Mente-di-Buddha, la Mente del grande Architetto, il solo che può dissolvere la sua Opera), ma per il Risvegliato esso è già scomparso perché è scomparso dalla sua coscienza.

 

Risveglio è uscire dall'ignoranza. Risveglio è illuminazione.

Favoriamo quindi il Risveglio da entrambi i modi di sognare, maturando in noi la consapevolezza che siamo entrati in un sogno e, identificandoci a esso, abbiamo dimenticato chi siamo e creduto di essere l'individuo che non siamo. L'io (forma psicofisica) è sogno, nient'altro che sogno, e sogno è tutto ciò che appare come altro dall'io, ovvero come ‘non-io’.

Il nostro vero Essere non è che Coscienza, fuori dal tempo e dallo spazio, senza forma, né nome e né qualità, è solo un punto al Centro, Unità senza secondo.

«L'individuo entra e s'identifica col mondo dei nomi e delle forme, viene coinvolto dal moto-evento cosmico e travolto dalla dualità. Un giorno uscirà da questa identifica-zione con lo spettacolo cosmico e riprenderà la sua originaria condizione di Uno-senza-secondo».

 

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20 novembre 2013 3 20 /11 /novembre /2013 22:26

Percezione

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

"Conoscere" a livello razionale non ha niente a che vedere col “Sapere” in maniera consapevole. Quando il bambino sperimenta le varie sensazioni ambientali del mondo, è inutile dirgli di non mettere la mano sul fuoco; pertanto, deve provare di prima mano l'esperienza di scottarsi per poter comprendere a livello cosciente che la fiamma brucia.

Stessa cosa equivale per un certo tipo d'informazioni, purtroppo distorte da qualsiasi informatore nell'era digitale, riscritte e date in pasto a un'eventuale lettore che riuscirà a comprendere solo in parte il mondo in cui viviamo, la sua struttura piramidale sociale e l'inganno/illusione in cui quest'ultimo vive e fa vivere ogni essere umano in maniera inconsapevole.

Grazie alla consapevolezza e a un certo numero di sforzi si può salire una scala costituita da infiniti scalini, fino a conseguire determinati stati in grado di spalancare le porte della percezione, chiuderne altre ormai obsolete e cominciare altri tipi di percorsi che porteranno un individuo tenace verso la Consapevolezza pura.

Pertanto, bisogna partire con l'Inganno.

La società attuale, così com'è costituita adesso assieme al suo sistema di leggi vigenti, è portata a far credere a una gran quantità di esseri umani che il mondo, aspetto esteriore in cui/con cui la collettività interagisce, sia un entità separata e dotata di vita propria, lasciando quindi in disparte la responsabilità individuale che altrimenti ogni anima dovrebbe intraprendere. Tuttavia, in questo caso come in tutti gli altri, Responsabilità significa Libertà.

Cerchiamo di utilizzare un metodo di comunicazione più spicciolo:

Il mondo si costruisce, si modella e si modifica in base a determinate scelte che il singolo individuo, la singola anima, compie istante dopo istante. Se quell'anima comincia ad assumersi la propria responsabilità per quanto riguarda le proprie scelte, consapevole del fatto che queste andranno ad influenzare una certa porzione del mondo che lo riguarda (su tutti i livelli della propria esperienza attuale), metterà in atto una crescita esponenziale della propria Libertà individuale, cosicché sia capace di compiere delle scelte deliberate consapevole del fatto che andrà ad influenzare un certo numero di fattori che sono per forza di cose legate a quegli aspetti fisici della propria vita e che hanno un suo contrapposto a livello psicologico/conscienziale.

Ma non basta: come può essere una scelta presa liberamente se crediamo di essere un qualcosa che in realtà non siamo?

Ed ecco quindi che subentra il già citato lavoro di Osservazione che, portato avanti con una certa cura, avrà il risvolto di spazzare via tutte quelle piccole abitudini, schemi di pensiero e sistemi di credenze che in realtà non siamo affatto. È come dire che stiamo scavando per trovare le radici. Un uomo non può fare affidamento sulla propria mente di superficie, poiché si tratta di uno strumento e non della soluzione. Bisogna quindi ricercare la propria vera essenza e solo quando essa è venuta alla luce, nascosta da anni di condizionamento mentale, depotenziata e relegata nel subconscio, abbiamo un barlume di ciò che siamo realmente. In quello stato di perfetto equilibrio fra saggezza, coscienza e conoscenza di noi stessi, possiamo prendere finalmente decisioni consapevoli delle loro ripercussioni sulla materialità fisica.

E si ritorna quindi al discorso principale: il mondo non è un'entità esterna, quanto piuttosto un immenso computer che risponde agli impulsi inviati tramite coscienza/emozione dagli strati subconsci/animici del nostro Essere (che tu ne sia consapevole o meno di questo sistema di azione/reazione, esso accade ugualmente).

Una volta intrapresa la scala della consapevolezza e dell'introspezione, non si può fare a meno di notare alcuni cambiamenti sostanziali nella propria vita e nel modo di percepire il cosiddetto “esterno”. Si nota una grossa distorsione nella percezione del tempo: si prende consapevolezza del fatto che il passato costituisce il 90% dei nostri pensieri, poiché da esso il dialogo interiore attinge; e proprio riagganciandosi al passato subentra una costruzione fittizia del futuro. Osservando con attenzione, tuttavia, si entra con leggerezza in uno stato di perenne presente: ci si rende conto che il passato non ha alcuna influenza col proprio essere in questo Qui ed Ora, e che le decisioni non possono essere prese basandosi solo sul dolore del passato. Il futuro, una sequenza di eventi prossimi che devono ancora accadere, si costruisce istante dopo istante, nel presente, grazie alle proprie scelte (consapevoli o meno), creando e selezionando gli scenari più congeniali che saranno frutto di una scelta operata in questo singolo istante. Quindi, così come il passato, esso non esiste in termini di Coscienza, che vive e si ancora solo al presente.

Si ha quindi un confluire di passato e futuro in un'unico istante: il tempo non si blocca, né scorre in maniera differente: si ha solo la percezione che esso non esiste; un concetto particolarmente arduo da spiegare verbalmente. Vale la pena lavorarci su per viverlo.

Un'altro fattore importante di cui non si può fare a meno di accorgersi, è che coesistono assieme a noi, delle creature che agiscono indisturbate su frequenze differenti alle nostre, e quindi invisibili ai nostri occhi. Immaginate, ad esempio, gli ultravioletti: essi sono impossibili da percepire per l'occhio umano. E proprio in quelle frequenze essi operano. Ve ne accorgerete svegliandovi di soprassalto durante la notte, prendendo sporadicamente coscienza di una percezione familiare del fatto di non essere soli in camera. Magari avrete la voglia e il coraggio di vederli, di affrontarli, di conoscerli, o magari avrete vissuto già delle esperienze pregresse poco piacevoli che hanno a che fare proprio con questi “esterni”.

Agiscono fuori dallo spazio e dal tempo: proprio per questo, nella nuova condizione in cui vi trovate, siete capaci di “sentire” in maniera più sottile la loro presenza e il loro operato.

C'è da sapere, quindi, cosa fanno. Si tratta di entità esterne al pianeta terra, dei controllori che hanno il solo scopo di assottigliare la Coscienza Desta di un'anima in evoluzione che ha compiuto/sta compiendo determinati sforzi per salire verticalmente nella propria consapevolezza. Ve ne accorgerete dal fatto che qualche volta perderete quello stato di “beatitudine” derivata dalla Coscienza ancorata al presente, da quella gioia incondizionata che ha preso a sprigionarsi in voi senza motivo apparente (la gioia di un'Anima in crescita e il proprio livello di energia/vibrazione in costante elevazione). Quando questo accade, di solito con alcuni ricordi fumosi di aver persino interagito con loro su qualche livello di esistenza, riportando forse dei segni sul proprio corpo, la prima cosa da fare è accorgersene e continuare il lavoro di Osservazione che da lungo tempo state portando avanti.

La capacità di auto-ripresa da questi piccoli traumi diventa man mano sempre più veloce, fino a quando si arriverà al punto in cui ogni loro intervento sarà del tutto innocuo. Imparare a difendersi da questi “attacchi” è una scelta che si può fare o non fare. Col viaggio astrale consapevole, che può avvenire in maniera automatica quando si supera una certa linea di coscienza (un punto di non ritorno, chiamiamolo così), si può studiare l'operato di queste creature, il loro modus operandi, le strutture e gli incarichi che ricoprono, i lavori che eseguono e quindi, di conseguenza, si può decidere di sviluppare un certo sistema di difesa contro un eventuale attacco. Si può affrontarli faccia a faccia, o anche soltanto decidere di svegliarsi poco prima che essi arrivino a compiere le loro mansioni di monitoraggio.

Non andrò oltre in merito, lascio che ognuno sia capace di scegliere cosa sia meglio per la propria evoluzione e il proprio discernimento. Tuttavia chi ha compiuto un certo percorso se ne sarà reso conto, e non è possibile chiudere gli occhi di fronte a una realtà come questa.

Il viaggio verso la saggezza e la coscienza è un'avventura. Il mio consiglio? Godetevela. Imparate ad usare spada e scudo, senza disdegnare il faccia a faccia e, al contempo, continuare ad andare avanti imperterriti fino ai cancelli dell'Essere. Solo così si costruisce un essere umano completo. Quando si cerca di auto-migliorarsi in qualsiasi aspetto della vita, allora la propria evoluzione è cominciata.

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18 novembre 2013 1 18 /11 /novembre /2013 22:50
Il “Seth Material” è un sistema di filosofia presentato da Jane Roberts e dal marito Robert Butts come conseguenza delle comunicazioni in trance da parte di un’entità di nome Seth. L’origine del materiale, in realtà, è meno importante del suo scopo. Esso possiede consistenza logica, e riceve conferma della sua validità per la lettura e la sua utilizzazione che crescono di giorno in giorno.
  Jugando Ouija
"Sono strato mandato per aiutarvi, e altri sono stati mandati lungo i secoli del vostro tempo, poiché quando vi sviluppate formate nel contempo nuove dimensioni, e potrete aiutare gli altri. Mi trovo in questa stanza [parlando a Robert], sebbene non vi sia alcun oggetto entro cui possiate collocarmi. Avete un veicolo da usare, un corpo che chiamate il vostro sé, e questo è tutto. Siete disincarnati quanto lo sono io. Vengo qui come se apparissi attraverso un buco nello spazio e nel tempo. Ciò che definite emozione o sentimento è la congiunzione tra noi.
Ora, non vi sono limitazioni o divisioni per il sé. Potete in realtà essere dipendenti da porzioni del sé apparentemente inconsce. Le porzioni apparentemente inconsce del corpo prendono energia dal cibo e dalle molecole, dall’aria per formare il vostro corpo. Tutto ciò accade perché le porzioni interiori del vostro essere operano spontaneamente, gioiosamente, liberamente; e tutto questo accade perché il vostro sé interiore crede in voi, spesso anche quando voi non credete in lui. Ciò che considerate sé non può essere mai annullato. La vostra coscienza non viene spenta, né ingoiata, beatamente inconsapevole di sé, in una sorta di nirvana. Vi trovate adesso in una parte di nirvana come mai sarà. Vi trovate nel processo di espansione della vostra struttura psichica, nel processo che vi condurrà a partecipare consciamente con l’anima. State diventando ciò che la vostra anima è."
Seth Material

Alla fine del 1963 Jane Roberts e suo marito, Robert Butts, fecero alcuni esperimenti con una tavola Ouija, come parte di una ricerca della Roberts per un libro sulle percezioni extra-sensoriali. Secondo la Roberts e Butts, il 2 dicembre 1963 essi cominciarono a ricevere messaggi coerenti da una personalità maschile che si identificò con il nome di Seth. Poco dopo, la Roberts si accorse che cominciava a sentire i messaggi nella sua testa. Così iniziò a dettare i messaggi invece di usare la tavola Ouija, e il metodo della tavola fu abbandonato.

Per 21 anni, fino alla morte della Roberts nel 1984 (con un anno di pausa dovuto alla sua ultima malattia), la Roberts ha tenuto sessioni regolari in cui andava in trance e diceva di parlare a nome di Seth. Il marito aveva la funzione di stenografo e trascriveva i messaggi che in seguito venivano ricopiati a macchina. Alcune sedute furono invece registrate su nastro. I messaggi canalizzati da Seth attraverso la Roberts, che consistono principalmente di monologhi su un'ampia varietà di argomenti spirituali, religiosi, filosofici, psicologici e politici, sono noti collettivamente come Seth Material.

Il materiale raccolto fino al 1969 fu pubblicato in forma sintetica l'anno successivo nel volume omonimo The Seth Material (trad. it: Dialoghi con Seth), il quale fu scritto dalla Roberts utilizzando il materiale proveniente dalle sedute di channelling.

A partire dal 1972 la Roberts diede alle stampe anche libri che dichiarava essere stati dettati completamente da Seth, il primo e più noto dei quali è Seth Speaks (trad. it: Le comunicazioni di Seth). La Roberts non rivendicava la paternità di questi libri, se non per il suo ruolo di medium.

La serie dei "Libri di Seth" arrivò ad un totale di dieci volumi, anche se gli ultimi due appaiono essere incompleti a causa della malattia della Roberts. La lista dei titoli include, oltre a Le comunicazioni di Seth (1972), La vostra realtà quotidiana (1974), La realtà sconosciuta (1977-79) e La natura della psiche (1979). Robert Butts ha contribuito con note e commenti a tutti i libri di Seth.

Mentre diceva di parlare per conto di Seth il contegno della Roberts era diverso dal solito, come riferito da testimoni come lo stesso Butts, amici, conoscenti e gli studenti dei corsi: in particolare le comunicazioni di Seth iniziavano col gesto peculiare con cui la Roberts si strappava e gettava via gli occhiali. Durante le canalizzazioni di Seth la Roberts parlava con una voce roca e profonda, più simile a una voce maschile e un accento marcato che non era identificabile come il suo. Anche i gesti e i modi assunti dalla Roberts durante le sedute erano quelli tipici di una persona anziana di sesso maschile e Seth si riferiva a lei come se la Roberts fosse un uomo di nome Ruburt. A differenza del celebre veggente Edgar Cayce, la cui sintassi quando parlava in trance era antiquata e involuta, la sintassi della Roberts e le strutture delle frasi erano molto chiare e attuali.

Secondo la Roberts, Seth descriveva se stesso come una "essenza energetica di personalità non più incentrata nella realtà fisica", indipendente dal subcosciente della Roberts. Tuttavia la Roberts stessa esprimeva scetticismo per quanto riguardava le origini di Seth, chiedendosi se invece fosse stata una parte della propria personalità.

L'Università di Yale conserva un archivio completo che documenta il lavoro e la vita di Jane Roberts, e che comprende, oltre agli scritti pubblicati, gli scritti privati (come i diari, le carte personali e la corrispondenza) e le registrazioni audio su nastro di varie sedute di presunto channelling, tra cui quelle riguardanti Seth.

 
 
 
 
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17 novembre 2013 7 17 /11 /novembre /2013 23:03
 

  

 

Eileen George

Eileen George vive a Worcester, Massachusetts (USA), ed è madre di otto figli. Chi l’ha conosciuta la descrive come una persona molto semplice, con un carattere gioviale e un gran senso dell’umorismo. Dai primi anni ‘80 riceve messaggi dal Signore, i quali sono stati raccolti in alcuni libri pubblicati negli Stati Uniti.

Circa dieci anni fa le fu diagnosticato un cancro allo stadio terminale e gli vennero dati pochi mesi di vita. Ma ancor oggi Eileen è viva e pur essendo gravemente ammalata - ha dovuto subire diverse operazioni - continua a svolgere senza sosta la sua attività di apostolato in tutto il mondo.

Eileen ha ricevuto sul suo corpo anche le piaghe del Signore. Ma Dio oltre alle sofferenze le ha concesso anche tante straordinarie grazie tra le quali il carisma della guarigione, il discernimento dello spirito, la bilocazione. E' stata portata diverse volte in Cielo. Ha frequenti visioni di santi e beati fra cui Tommaso D’Aquino, Caterina da Siena e Padre Pio.

Eileen ha un rapporto molto speciale con Gesù. All’età di 3 anni Dio Padre le diede Gesù come guida ed amico. La piccola Eileen inizialmente non sapeva chi fosse realmente il suo miglior amico, fu solo più tardi che comprese che si trattava di Nostro Signore.

Dopo questo percorso formativo con Gesù, durato molti anni, la mistica iniziò a sentire l’intenso desiderio di conoscere il Padre. Pregò Gesù di farle conoscere Suo Padre e dopo 30 anni di suppliche e sofferenze finalmente ottenne questa grazia. Dio Padre a Sua volta le fece conoscere la Terza Persona, lo Spirito Santo.

Dio ha affidato a Eileen George la missione di rivelare al mondo l’amore del Padre per i Suoi figli. La donna sente che il suo compito è quello di condurre le persone verso un vero rapporto di amore col Padre attraverso i Sacramenti.

Per svolgere questa sua missione, la mistica ha visitato numerosi paesi in tutto il mondo tra i quali: Italia, Bangladesh, Taiwan, Filippine, Corea, ecc., dove ha parlato complessivamente a circa 80.000 persone fra sacerdoti, suore, frati e laici.

Tantissimi religiosi e laici possono testimoniare le straordinarie guarigioni operate da questa mistica, ma lei ama precisare che le guarigioni sono operate da Cristo e non da lei. Ma l’aspetto principale che la caratterizza non è tanto il carisma della guarigione, per il quale è conosciuta in tutto il mondo, ma il suo profondo amore per la Chiesa, per i Sacramenti e specialmente per Gesù nel Santissimo Sacramento. Eileen dice: "Non potrei vivere un solo giorno senza ricevere nella Santa Comunione Colui che amo".

Il lavoro di apostolato di Eileen è in unione e completa sottomissione alla Chiesa.

La sua vita spirituale e il suo apostolato sono sotto la direzione di un sacerdote. I contenuti dei suoi libri e delle sue cassette prima di essere pubblicati vengono vagliati dal suo direttore spirituale. L’opera di apostolato e di guarigione della mistica ha avuto inizio grazie al diretto sostegno del vescovo di Worcester e continua tuttora sotto la sua guida. Tutte le numerose conferenze e i ritiri che tiene in altre diocesi vengono organizzati solo dietro espressa autorizzazione dei vescovi locali.

Sono numerosi i cardinali e i vescovi che sia negli Stati Uniti che in altri paesi del mondo supportano l’attività di Eileen George.

 

E non solo: tra le tante persone che sono state avvicinate da avvenimenti paranormali, ecco cosa segue:

 

"Ci sarà una Terza Guerra Mondiale e sarà iniziata da un uomo che
indossa il turbante della fede, un musulmano. Sarà un anticristo messo
sulla terra da Lucifero. Ma quando questo avrà portato a termine la sua
opera ne sorgerà uno ancora più potente in Siria. Egli causerà
distruzione e dolore. Causerà grande afflizione, lacrime e una grande
persecuzione dei cristiani. La terrà tremerà a causa dei terremoti. Egli
sarà un grande dominatore al servizio di Satana. Dopo seguiranno molti
anni di guerra". "Quanti anni?" - chiede Eileen; Dio Padre risponde:
"Quindici. Dopo quindici anni ci sarà una grande pace... La terra del
terrore cadrà ai piedi di Maria. Il suo manto azzurro li oscurerà, i
rossi si riverseranno nel mare e, coperti da questo manto, si uniranno
al mondo libero nella pace e nell'armonia. E allora ci sarà una lunga,
lunga pace, più lunga di qualsiasi altra che ci sia mai stata sulla terra".

Riguardo all'Anticristo, Eileen ha detto: "Gesù mi ha mostrato che ha
dei baffi, capelli scuri e indossa un turbante"

20 Febbraio 1982,messaggio di Dio Padre a Eileen George, Worcester(USA)

 

segue su articolo dopo di questo letto da voi lettori.

 

 

 

 

 

 

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15 novembre 2013 5 15 /11 /novembre /2013 22:24

 

LA SUPERMENTE

Tutti coloro che tentano di superare la natura ordinaria, tutti quelli che tentano di realizzare materialmente la più intime esperienza che li ha messi in relazione con la Verità Divina, tutte queste persone, invece di rivolgere il loro sguardo verso l’aldilà o ai Piani Superiori, se provano a realizzare fisicamente ed esternamente il cambiamento di coscienza che hanno realizzato in se stessi, sono apprendisti superuomini.

L’uomo è un essere di transizione, non definitivo, perchè in lui ed al di sopra di lui inizia il radioso cammino ascendente che conduce alla “superumanità ” divina. La transizione dall’uomo al superuomo è la prossima realizzazione dell’evoluzione terrestre. In ciò consiste il nostro destino e la chiave per liberare la nostra esistenza umana, protesa verso il Divino, ma limitata e travagliata, destino inevitabile perchè è l’intenzione dello spirito e la logica conseguenza del processo naturale.

Sri Aurobindo

Sri Aurobindo è venuto sulla terra per annunciare la manifestazione del mondo supermentale e non solamente lo ha annunciato ma ha in parte incarnato la stessa forza e mostrato con esempi quello che si deve fare per prepararsi a manifestarla. La cosa migliore che possiamo fare è studiare tutto quello che Egli ci ha detto e cercare di seguire il suo esempio per prepararci alla nuova manifestazione.

La Madre

da: THE HOUR OF GOD

L’apparizione nel mondo materiale ed animale della possibilità umana, fu la prima scintilla di una Luce divina futura, la prima lontanissima promessa di una divinità che doveva nascere dalla Materia. L’apparizione del Superuomo nel mondo umano sarà il compimento di questa divina promessa. Fuori dalla coscienza materiale, in cui la nostra mente lavora come uno schiavo incatenato, s’alza il disco di un segreto sole di Potere, Gioia e Conoscenza. 

La Supermente sarà la forma compiuta di quel radioso fulgore.

La Superumanità non è l’uomo salito al proprio apice naturale, non un grado superiore di grandezza, conoscenza, potere, intelligenza, volontà, carattere, genio, forza dinamica, santità, amore, purezza o perfezioni umane. La Supermente è qualcosa che si troverà oltre l’uomo mentale e i suoi limiti; è una coscienza più grande della più grande coscienza propria alla natura umana.

La Verità non può essere raggiunta dal pensiero della Mente ma solo con un’ identità e una visione silenziosa. La Verità vive nella calma Luce senza parole degli spazi eterni; essa non interviene nel rumore e nelle chiacchiere delle discussioni logiche.

Il pensiero nella mente può al massimo essere il brillante e trasparente rivestimento della Verità; non è nemmeno il suo corpo. Guardate attraverso il rivestimento, non ad esso, e potrete intravedere forse qualcosa della sua forma. Può esserci un corpo di pensiero di Verità, ma sono il Pensiero e la Parola supermentali spontanee che balzano completamente formate fuori dalla Luce, senza nessuna difficile contraffazione e mescolanza mentali. Il Pensiero supermentale non è un mezzo per giungere alla Verità, ma un modo per esprimerla; poiché la Verità nella Supermente è trovata in sé e autoesistente. È una freccia scagliata dalla Luce, non un ponte per raggiungerla.

Abbandonate interiormente il pensiero e la parola, siate immoti dentro, guardate in alto nella luce e esteriormente nella vasta coscienza cosmica che vi circonda. Siate sempre di più un tutt’uno con lo splendore e la vastità. Allora la Verità si rivelerà a voi dall’alto e penetrerà in voi da tutt’intorno.

La mente è meno intensa nella sua purezza come nel suo silenzio; poiché in una mente impura il silenzio sarà rapidamente colmato da luci ingannatrici e false voci, eco o sublimazione delle proprie vane presunzioni ed opinioni, o risposta ai propri orgogli, vanità, ambizioni, brame, avidità e desideri segreti. I Titani e i Demoni le parleranno molto più facilmente che le Voci divine.

Il silenzio è indispensabile, ma anch’esso ha bisogno di vastità. Se la mente non è silenziosa, non può ricevere le luci e le voci della Verità superiore o, ricevendole, mescola ad esse le proprie tremolanti voci e il proprio cieco e presuntuoso balbettio. Attiva, arrogante, rumorosa, deforma e sfigura ciò che riceve. Se non è ampia, non può dare accoglimento al potere effettivo e alla forza creatrice della Verità. Può esserci qualche luce, ma viene ridotta, limitata e resa sterile: la Forza che scende viene confinata ed ostacolata e si ritira nuovamente, da questo estraneo piano ribelle, sulle proprie vaste altezze. Od anche, se qualcosa scende e rimane, è come una perla nascosta nel fango; poiché nessun cambiamento può avvenire nella natura, oppure può nascere solo una sottile intensità che a malapena alza lo sguardo alle vette, ma che conserva ben poco dell’origine, diffondendo ancor meno sul mondo circostante.

L’uomo è un essere mentale la cui coscienza mentale agisce qui involuta, oscura e sminuita in un cervello fisico. Persino nell’uomo più evoluto essa è ostacolata nelle sue luminose possibilità di forza e libertà supreme da questa dipendenza, tagliata fuori persino dai propri poteri divini, impotente a cambiare la nostra vita oltre certi ristretti e precari limiti; è una forza imprigionata e frenata, più spesso non è nient’altro che un servitore o non può che offrire ciò di cui la vita e il corpo hanno bisogno o provvedere alle loro distrazioni. Il divino Superuomo sarà uno spirito gnostico.

La Supermente in lui si approprierà degli strumenti mentali e fisici, e, restandovi sopra e penetrando le nostre partì inferiori già manifestate, trasformerà la mente, la vita e il corpo.

La mente è la forza più alta nell’uomo. Ma in lui la mente è un potere ignorante, oscurato e in lotta. E persino quando è più luminosa rende questa luminosità solo come una sottile luce pallida e riflessa. Una Supermente libera, sovrana, che esprima gli splendori divini, sarà lo strumento centrale del Superuomo. Il suo moto non intralciato di conoscenza esistente in sé, di potere spontaneo e di felicità incontaminata, imprimerà sull’esistenza terrestre l’armonia della vita degli dèi.

L’uomo in sé è poco più di un’ambiziosa nullità. È una piccolezza che raggiunge un’ampiezza e una grandezza che si trovano oltre di lui, un nano innamorato delle altezze. La sua mente è un oscuro raggio negli splendori della Mente universale. La sua vita è un istante che lotta, esulta, soffre, un avido piccolo momento agitato dalla passione e colpito dalla sofferenza, o che desidera in modo cieco e muto la Vita universale. Il suo corpo è un effimero granello che si affatica e pena nell’ universo materiale.

Non può essere questa la fine della misteriosa spinta della Natura verso l’alto. C’è qualcosa di là, qualcosa che l’umanità dovrà essere, e che ora viene visto solo a sprazzi intermittenti attraverso le fenditure nel grande muro di limitazioni che rifiutano la sua possibilità ed esistenza. Da qualche parte dentro di lui c’è un’anima immortale che lascia trasparire qualche scintilla della sua presenza, sopra c’è uno spirito eterno che lo adombra e sostiene la continuità d’anima della sua natura. Ma la dura cappa che costituisce la struttura della sua personalità ostacola la discesa di questo spirito più grande, e quella luminosa anima interiore è avvolta, soffocata, oppressa negli spessi rivestimenti esteriori. L’anima è raramente attiva eccetto in pochi individui, nella maggior parte è appena percettibile. Più che essere parte della sua realtà esterna e visibile, l’anima e lo spirito nell’uomo sembrano invece esistere sopra e dietro la sua natura.

Sono, allo stato subliminale nel suo essere interiore, o allo stato ultracosciente sopra di lui in qualche condizione ancora non raggiungibile, più possibilità che cose presenti e realizzate nella sua coscienza esteriore. Lo spirito non è tanto già nato nella Materia, quanto sul punto di nascere.

Questo essere imperfetto, con la propria coscienza ostacolata, confusa, male ordinata e il più delle volte inefficace, non può essere ne il compimento ne l’ultimo slancio della Natura verso le altezze. Qualcosa di più deve ancora scendere dall’alto, che appare solo in frammenti spezzati attraverso improvvise fenditure nel muro gigantesco delle nostre limitazioni. Oppure, resta qualcosa che, dal basso, deve ancora evolvere, qualcosa che dorme sotto il velo della coscienza mentale dell’uomo o che, semivisibile, s’alza a lampi – allo stesso modo in cui in passato la vita dormiva nella pietra o nel metallo, la mente nella pianta e la ragione nella caverna della memoria animale, sottogiacente all’apparato imperfetto delle proprie emozioni, del meccanismo dei suoi sensi e del suo istinto. C’è in noi qualcosa che non è ancora espresso, che deve essere liberato da un’illuminazione che sopraggiunga dall’alto. Nelle nostre profondità è tenuta prigioniera una divinità, una nel suo essere con una divinità più grande pronta a scendere dalle vette sovrumane. In questa discesa, e in questa unione risvegliata, riposa il segreto del nostro avvenire.

La grandezza dell’uomo non è tanto in ciò che egli è ma in ciò che egli rende possibile. La sua gloria è essere il luogo chiuso e il laboratorio segreto di una fatica vivente in cui un divino Artigiano prepara la superumanità. Ma egli viene ammesso anche ad una più grande grandezza e per questo, contrariamente alla creazione inferiore, gli è stato permesso di divenire parzialmente l’artigiano di questo cambiamento divino; il suo assentimento consapevole, la consacrazione della sua volontà e della sua partecipazione sono necessarie perché la gloria che lo sostituirà possa scendere nel suo corpo. La sua aspirazione è l’invocazione della terra al creatore supermentale.

Se la terra chiama e il Supremo risponde, anche adesso può essere l’ora per quell’immensa e gloriosa trasformazione. Ma quale dev’essere per la Coscienza della terra che incarniamo la conquista da fare con questa ascesa senza precedenti dalla mente alla Supermente e quale il riscatto del cambiamento supermentale? Per quale scopo dovrebbe l’uomo abbandonare i suoi sicuri limiti umani per questa rischiosa avventura? Innanzi tutto vediamo che cosa fu guadagnato quando la Natura passò dall’incoscienza o dall’inerzia brute di ciò che sembra Materia inanimata al risveglio vibrante della sensibilità nell’ambito delle piante. Fu conquistata la Vita; le acquisizioni furono i primi inizi di un verme brancolante e chiuso su sé stesso, il quale raggiunse una coscienza che si tende ignara per crescere verso la vibrazione dei sensi, per prepararsi ai desideri vitali, ad una gioia e ad una bellezza viventi. La pianta conseguì una prima forma di vita ma non poté possederla; in quanto quella prima coscienza organizzata di vita possedeva certo sensazioni e ricerche ma in modo cieco, muto, sordo, impigliato al suolo, ed era rinchiusa nei suoi nervi e nei suoi tessuti; non poteva liberarsene, non poteva andare dietro il proprio sé nervoso come fa la mente vitale dell’animale; ancor meno poteva osservarsi dall’alto per conoscere, cogliere e controllare i propri impulsi, come fa la mente che osserva e pensa nell’uomo. Questa fu una conquista imprigionata, poiché c’era ancora una grossolana oppressione da parte della prima Incoscienza, che aveva ricoperto tutti i segni dello Spirito con il fenomeno bruto della Materia e dell’Energia nella Materia. In nessuna maniera la Natura avrebbe potuto fermarsi qui, poiché in sé conteneva molto ancora occulto, potenziale, inespresso, non organizzato, latente; l’evoluzione doveva per forza andare più lontano. L’anima doveva sostituire la pianta alla testa e sulla vetta della Natura.

Che cosa quindi fu acquisito quando la Natura passò dall’oscurità del regno vegetale al risveglio dei sensi, dei desideri, delle emozioni risvegliate e alla libera mobilità della vita animale? La conquista fu la liberazione dei sensi, delle sensazioni, del desiderio, del coraggio, dell’abilità, mettendo alla sua portata gli oggetti del desiderio, della passione, dell’azione e della brama, della battaglia e della conquista, del richiamo sessuale, del gioco e del piacere, e di tutta la gioia e la pena della creatura vivente e cosciente. Non solo la vita del corpo che l’animale ha in comune con la pianta, ma una vita mentale che comparve per la prima volta nella storia della terra, crescendo da una forma a una forma più organizzata, finché raggiunse al meglio il limite della propria formula.

L’animale raggiunse una prima forma mentale, ma non poté possederla, poiché questa prima coscienza mentale era asservita a un ristretto campo d’azione, al pieno funzionamento del corpo, del cervello e dei nervi fisici, costretta a servire la vita fisica e i suoi desideri, i bisogni e le passioni, limitata a incalzanti impieghi dello stimolo vitale, ai desideri, alla sensazione e all’azione vitali, incatenata ai propri mezzi inferiori, allo spontaneo combinarsi in associazione di memoria ed istinto. Non poteva allontanarsene, non poteva andare dietro queste cose come fa l’intelligenza dell’uomo per osservarle; ancor meno poteva guardarle dall’alto come fa la ragione e la volontà umane per controllare, ampliare, riordinare, superare e sublimare.

Ad ogni passo cruciale dell’ascesa della Natura, c’è una rovesciamento di coscienza nello spirito in evoluzione. Allo stesso modo in cui uno scalatore, da una vetta raggiunta a fatica, si volge al basso e guarda con un potere di visione magnifìcato e più ampio tutto ciò che prima si trovava sopra o sullo stesso piano, ma che ha ora ai suoi piedi, l’essere evolutivo non solo trascende il proprio sé passato, la sua precedente condizione ora superata, ma domina da un livello più elevato di esperienza e di visione di sé, con una nuova sensazione percettiva, o una nuova visione comprensiva e un potere di attuazione in un sistema maggiore di valori, domina tutto ciò che fu un tempo la propria coscienza, ma che ora si trova sotto di lui ed appartiene ad una creazione inferiore. Un tale capovolgimento è il segno di una vittoria decisiva e il sigillo di un progresso radicale nella Natura.

La nuova coscienza raggiunta nell’evoluzione spirituale è sempre superiore in grado e in potere, sempre più ampia e comprensiva, più ampia in visione e sensazione, più ricca e bella nelle facoltà, più complessa, organica e dominante della coscienza che era prima nostra, ma che abbiamo ora lasciato dietro di noi. Esistono una più grande vastità, un più grande spazio, altezze precedentemente invalicabili, profondità e intimità inaspettate. Esiste una risplendente espansione che è il segno stesso della mano del Supremo sulla propria opera. Possiamo notare che ogni grande passo radicale in avanti che la Natura ha già fatto, è stato infinitamente più grande nel suo cambiamento, in modo incalcolabile più vasto nelle sue conseguenze, del suo debole predecessore. Avviene una miracolosa apertura ed una sempre più ricca e più ampia espressione, la creazione attraversa una nuova illuminazione e i suoi significati vengono innalzati. Nel mondo in cui viviamo su uno stesso livello o piano non esiste alcuna uguaglianza, ma una gerarchia di ripide superiorità sempre crescenti che spingono i loro pendii montani verso il Supremo.

Siccome l’uomo è un essere mentale, naturalmente immagina che la mente sia nell’universo il grande capo, l’attore e il creatore o l’agente insostituibile. Ma è un errore; anche per la conoscenza la mente non è il solo o più grande strumento possibile, l’unico aspirante o scopritore. La mente è un maldestro episodio fra la vasta e precisa azione subcosciente della Natura e la più vasta e infallibile azione supercosciente della Divinità.

Non c’è nulla che la mente faccia che non possa essere fatto meglio nella sua immobilità e nella calma libera da ogni pensiero.

Quando la mente è calma, la Verità ha una possibilità di essere sentita nella purezza del silenzio.

La Verità non può essere raggiunta dal pensiero della Mente ma solo con un’ identità e una visione silenziosa. La Verità vive nella calma Luce senza parole degli spazi eterni; essa non interviene nel rumore e nelle chiacchiere delle discussioni logiche.

Il pensiero nella mente può al massimo essere il brillante e trasparente rivestimento della Verità; non è nemmeno il suo corpo. Guardate attraverso il rivestimento, non ad esso, e potrete intravedere forse qualcosa della sua forma. Può esserci un corpo di pensiero di Verità, ma sono il Pensiero e la Parola supermentali spontanee che balzano completamente formate fuori dalla Luce, senza nessuna difficile contraffazione e mescolanza mentali.

Il Pensiero supermentale non è un mezzo per giungere alla Verità, ma un modo per esprimerla; poiché la Verità nella Supermente è scoperta in sé e autoesistente. È una freccia scagliata dalla Luce, non un ponte per raggiungerla.

Smettete interiormente con il pensiero e la parola, siate immoti dentro, guardate in alto nella luce e esteriormente nella vasta coscienza cosmica che vi circonda. Siate sempre più un tutt’uno con lo splendore e la vastità. Allora la Verità si rivelerà a voi dall’alto e penetrerà in voi da tutt’intorno.

Solo, la mente è meno intensa nella sua purezza come nel suo silenzio; poiché in una mente impura il silenzio sarà rapidamente colmato da luci ingannatrici e false voci, eco o sublimazione delle proprie vane presunzioni ed opinioni, o risposta ai propri orgogli, vanità, ambizioni, brame, avidità e desideri segreti. I Titani e i Demoni le parleranno molto più facilmente che le Voci divine.

Il silenzio è indispensabile, ma anch’esso ha bisogno di vastità. Se la mente non è silenziosa, non può ricevere le luci e le voci della Verità superiore o, ricevendole, mescola ad esse le proprie tremolanti voci e il proprio cieco e presuntuoso balbettio. Attiva, arrogante, rumorosa, deforma e sfigura ciò che riceve. Se non è ampia, non può dare albergo al potere effettivo e alla forza creatrice della Verità. Può esserci qualche luce, ma viene ridotta, limitata e resa sterile: la Forza che scende confinata ed ostacolata si ritira nuovamente, da questo estraneo piano ribelle, sulle proprie vaste altezze. Od anche, se qualcosa scende e rimane, è come una perla nascosta nel fango; poiché non può avvenire nessun cambiamento nella natura, oppure può nascere solo una sottile intensità che a malapena alza lo sguardo alle vette, ma che conserva ben poco dell’origine e diffonde ancor meno sul sul mondo circostante.

Supplemento a domani n. 59 del 15 febbraio 1981

In che cosa consiste l’esistenza superiore o suprema verso la quale tende la nostra evoluzione? Per rispondere a questa domanda, occorre studiare certe categorie di supreme esperienze ed inusate concezioni di cui è assai difficile parlare con esattezza in una lingua diversa dall’antico sanscrito che è stato il solo a trattarne sistematicamente in una certa misura. Nella lingua inglese, i termini che più vi si avvicinano hanno altre associazioni, e il servirsene può condurre a numerose inesattezze, anche gravi. La terminologia dello yoga riconosce, oltre l’esistenza del nostro essere fisico e vitale, chiamato ” corpo grossolano”, doppiamente composto dall’involucro detto di nutrimento e dal veicolo vitale, ed oltre quella del nostro essere mentale, chiamato “corpo sottile” semplicemente composto dall’involucro mentale o veicolo mentale, una condizione suprema o divina: l’essere supermentale, chiamato “corpo causale” composto a sua volta da un quarto e quinto veicolo, detti di conoscenza e beatitudine. (…)

Come indica il suo nome, in realtà, questo corpo causale (kârana) in opposizione agli altri due che sono degli strumenti (karana), questa cima della manifestazione (la Supermente), è anche la sorgente e il potere realizzatore di tutto ciò che la precede nell’evoluzione attuale. Le nostre attività mentali sono infatti un derivato, una selezione della Conoscenza divina, una deformazione di essa fino a quando restano separate dalla verità da cui segretamente discendono. Ciò vale anche per le nostre sensazioni ed emozioni rispetto alla Beatitudine, per le nostre energie nervose e le nostre azioni rispetto alla Volontà e all’Energia della Coscienza divina, e infine anche per il nostro essere fisico rispetto alla pura essenza della Beatitudine e della Coscienza. L’evoluzione di cui siamo testimoni sulla terra, e della quale noi siamo la più alta vetta, può, in un certo senso, considerarsi come una manifestazione inversa attraverso la quale i supremi Poteri, nella loro unità e nella loro diversità, utilizzano, sviluppano e perfezionano la sostanza e le attività imperfette della Materia, della Vita e della Mente affinché esse possano esprimere sempre più, nella relatività cangiante, l’armonia degli stati divini ed eterni da cui sono sorte (i piani supermentali). Se questa è la verità dell’universo, lo scopo dell’evoluzione ne è allo stesso tempo la causa. Tutto ciò che è immanente nei suoi elementi a poco a poco si libera e si manifesta.

Sintesi dello yoga: vol. I Introduzione

La Supermente, nella sua vera essenza, è una coscienza‑verità, una coscienza sempre libera dall’Ignoranza, il fondamento della nostra esistenza naturale presente o evolutiva, e da cui la natura in noi cerca di pervenire alla conoscenza di sé e del mondo, alla giusta coscienza e al giusto uso della nostra esistenza nell’universo.
La Supermente, poiché è una coscienza‑verità, ha in sé questa conoscenza intrinseca e questo potere di vera esistenza; il suo corso è rettilineo e può andare diritto allo scopo, il suo campo è vasto e può anche essere reso illimitato. Questo perché la sua vera natura è conoscenza: non deve procurarsela, ma è parte integrante di essa.

 

La Supermente è il grado di esistenza oltre la mente, la vita e la Materia, e, come la mente, la vita e la Materia si sono manifestate sulla terna, cosi anche la Supermente dovrà, nell’inevitabile corso delle cose, manifestarsi in questo mondo materiale. In effetti, una supermente è già qui, però è involuta, nascosta dietro questa mente, questa vita e questa Materia manifeste, e non agisce ancora apertamente o nel suo potere particolare; se agisce è attraverso questi poteri inferiori e modificata dai loro caratteri non è ancora riconoscibile. Solo con l’avvicinarsi e la venuta della discesa della Supermente essa può essere liberata sulla terra e rivelarsi nell’azione delle nostre parti materiali, vitali e mentali, in modo che i nostri poteri inferiori possano divenire parti di una totale attività divinizzata di tutto l’essere: ciò ci darà una divinità completamente realizzata o la vita divina. Cosi infatti la vita e la mente involute nella Materia si sono realizzate qui; poiché solo ciò che è involuto può evolvere, diversamente non potrebbe esserci emersione.

La manifestazione di una coscienza‑verità supermentale è pertanto la realtà capitale che renderà possibile la vita divina. Solo quando tutti i moti del pensiero, gli impulsi e le azioni saranno governati e diretti da una coscienza‑verità autoesistente e luminosamente automatica, e tutta la nostra natura sarà costituita da essa e fatta della sua sostanza, la vita divina sarà completa e assoluta. Persino così com’è, in realtà, sebbene non nell’apparenza delle cose, è una segreta conoscenza e verità autoesistente all’opera per manifestarsi nella creazione. Il Divino è già immanente dentro di noi, noi stessi siamo quello nella nostra più intima realtà, e questo dobbiamo manifestare; è quanto costituisce la spinta verso il vivere divino e rende necessaria la creazione della vita divina anche nell’esistenza materiale.

Una manifestazione della Supermente e della sua coscienza‑verità è quindi inevitabile; deve avvenire presto o tardi nel mondo. E tuttavia ha due aspetti, una discesa dall’alto e un’ascesa dal basso, un’autorivelazione dello spirito e un’evoluzione nella Natura. L’ascesa è necessariamente uno sforzo, un’operazione della Natura, una spinta o uno sforzo che essa compie per innalzare le proprie parti inferiori con un cambiamento, una conversione o trasformazione evolutivi o rivoluzionari nella realtà divina, e questo può accadere tramite un processo e un progresso o per mezzo di un rapido miracolo. La discesa o l’autorivela‑ dello Spirito è un atto della suprema Realtà dall’alto che rende possibile la realizzazione e può apparire sia come l’aiuto divino che determina il compimento del progresso e del processo sia come la sanzione del miracolo.

L’evoluzione, come la vediamo in questo mondo, è un processo lento e difficile, e, realmente, richiede di solito ere per raggiungere risultati stabili; questo succede perché nella sua natura stessa, l’evoluzione è un’emersione da inizi incoscienti, un inizio dalla nescienza e un lavoro nell’ignoranza degli esseri naturali di ciò che sembra essere una forza incosciente. Ci può essere, al contrario, un’evoluzione nella luce e non più nell’oscurità in cui essere che evolve sia un partecipante e un cooperatore cosciente, questo è precisamente ciò che deve succedere qui: Anche nello sforzo e nel progresso dall’Ignoranza alla Conoscenza, questo deve essere in parte, anche se non completamente, il tentativo che si deve fare sulle altezze della natura e deve essere totalmente così nel movimento finale verso il cambiamento, la realizzazione, la trasformazione spirituali. Dev’essere così a maggior ragione quando c’è una transizione attraverso la linea che divide l’Ignoranza e la Conoscenza, e che l’evoluzione è di conoscenza in conoscenza più grande, di coscienza in più grande coscienza, di essere in essere più grande. Non c’è allora più alcuna necessità del passo lento dell’evoluzione ordinaria; ci può essere una rapida conversione, una veloce trasformazione dopo trasformazione, cosa che sembrerebbe alla nostra presente mente normale una successione di miracoli.

Un’evoluzione su piani supermentali potrebbe essere di quella natura; potrebbe anche essere, se l’essere ha così scelto, un passaggio più tranquillo di uno stato supermentale o di una condizione di cose a qualcosa al di là ma ancora supermentale, da un piano a un piano divino, una costruzione di gradazioni divine, una libera crescita fino alla Supermente suprema od oltre, fino a piani d’essere, coscienza e Ānanda non ancora sognati.

Dal Dictionary of Sri Aurobindo’s Yoga

 

 

 

http://www.animacosmica.org/spirito-coscienza/la-supermente/#more-2708

 

 

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11 novembre 2013 1 11 /11 /novembre /2013 22:44

Giuliana Conforto

 

La risposta che ricerchiamo su questi cambiamenti climatici, oltre al passaggio all' era dell' Acquario ove si annunciava già anticipatamante fenomeni estremi legati all' acqua, ce la fornisce una importante persona quale Giuliana Conforto, la quale diventa sempre più conosciuta a tutto il mondo riguardo al suo messaggio per tutta l' umanità:

 

Qual’è la causa della schiavitù umana? Molti risponderebbero il sistema finanziario mondiale, l’élite globale, Bilderberg, Rothschild e così via. Il loro contributo è certo, ma perché miliardi di persone dipendono da questi pochi che dirigono il sistema finanziario? Perché la maggior parte crede in quel campo dominante che fornisce l’electtricità e alimenta tutti i mezzi di comunicazione. E’ il campo elettromagnetico che possiamo vedere e usare ormai con facilità, ma che non può spiegare da solo l’organizzazione sublime delle forme viventi. Quella più essenziale è il cervello umano, in particolare, la materia bianca del cervello che non usa l’elettricità e genera quella sincronia che sentiamo come coscienza, presenza nonché l’imminenza di campi epocali ingenti. 

Guardando solo a chiese e governi, tutti dipendenti dal sistema finanziario, i media ignorano ciò che sta per succedere nei prossimi mesi e l’opportunità straordinaria di liberarci dalla sindrome della scarsità che ha afflitto tutta la storia umana per millenni.

I cambiamenti più grossi riguardano il sole, la terra e tutti noi, terrestri.

Il campo magnetico solare, che è molto potente, sta per invertirsi da Nord a Sud entro i prossimi mesi. Questo evento avrà impatti su tutta l’eliosfera, una sorta di uovo magnetico largo circa un anno luce, entro il quale è immerso l’intero sistema solare (la distanza tra terra e sole è solo 8 minuti luce). I fisici solari hanno riconosciuto che il campo magnetico solare si inverte ogni 11 anni e quindi “don’t panic”, dice la  NASA, “è già avvenuto tante volte”. Sono d’accordo; il panico è inutile e nocivo. Dovremmo piuttosto capire perché l’inversione prossima è totalmente anomala rispetto a tutte quelle precedenti e quindi prefigura cambiamenti e rivelazioni sorprendenti. 

Sin dal dicembre 2008 c’è uno squarcio gigante – pari a 4-5 volte le dimensioni della terra – nella magnetosfera terrestre che invece è molto più tenue e abbastanza piccola in confronto a quella solare (70.000 km, circa 10 volte il raggio terrestre). Osservazioni da satellite più recenti hanno poi rivelato altri squarci giganti in varie parti, squarci che consentono al possente vento solare di penetrare dentro la magnetosfera terrestre e di… soffiarla via. Gli esperti dicono che la magnetosfera è tutta bucata e che non è più un schermo protettivo come lo era prima, non deflette più i raggi cosmici diretti verso la Terra. Perché gli esperti credono che i raggi cosmici siano pericolosi? Perché i raggi cosmici sono particelle ad altissima energia di “origine misteriosa”, dicono. L’origine “misteriosa” per me è un universo parallelo, vivo e intelligente, invisibile perché non interagisce con il campo elettromagnetico, l’unico campo osservato sia dai telescopi a terra che dalle sonde spaziali. Tuttavia i raggi cosmici testimoniano la sua esistenza e, soprattutto, un modo “nuovo” di comunicare. E’ il campo che unisce gli universi e non è elettromagnetico, ma quello che i fisici chiamano “nucleare debole” e che in linguaggio umano possiamo chiamare una comunicazione di cuore; infatti i “debole” “tocca” il cuore di ogni atomo – il nucleo – tanto da poter provocare una fusione nucleare o meglio una trasmutazione alchemica. Non è affatto la fine, al contrario è l’inizio di una nuova era; è la rivelazione annunciata da millenni, l’evidenza che esistono gli universi nel futuro e che la realtà non è affatto la tragica e assurda storia che conosciamo. Non è nemmeno la teoria del Big Bang come fanno credere i premi Nobel. La rivelazione fa crollare quasi tutta la “conoscenza” nonché buona parte della fisica ortodossa, ma è salutare. Per gli eretici come me, è la rivelazione che la magnetosfera terrestre è uno schermo al plasma che non ci ha affatto “protetto” dal “nemico” esterno, ha invece alimentato la millenaria illusione della separazione tra cielo e terra tra luce e tenebre.

Non abbiamo osservato l’universo reale, bensì uno schermo al plasma in 3D dove si proietta quella simulazione olografica che chiamiamo “universo”. Invece scopriamo che è solo un canale di una TV olografica – una matrix – composta di materia “normale” la cui forma più sofisticata è quella organica, soprattutto la materia bianca che compone il cervello umano. La rivelazione implica un transito formidabile di mentalità, dalla mente grigia, la mente minore che crede al bipolarismo perché usa l’elettricità, alla Mente Superiore – la materia bianca – che non la usa. La mafia elettrica oggi domina gli stati “civili” i cui abitanti si lamentano delle scie chimiche e non si accorgono dell’inquinamento primo che affligge le loro menti: il bipolarismo. Non a caso le “democrazie” bipolari stanno franando…  Se la magnetosfera svanisce, la nostra Mente Superiore può fondersi con l’universo parallelo che è qui presente e intelligente e ci comunica tramite quella Forza straordinaria che è la Vita.  

Peraltro la magnetosfera terrestre mostra ingenti cambiamenti già da vari anni, come scrivo nel mio libro Baby Sun Revelation (in Italiano) di recente tradotto in tedesco Das Sonnenkind. Quindi la magnetosfera terrestre già stava svanendo e l’imminente flip del campo magnetico solare può accelerare questo processo, con effetti profondi su tutto, in particolare sulle menti umane che non si riconoscono più nei loro presunti “rappresentanti” politici. Gli avvistamenti di nuvole a forma di astronavi sono sempre più frequenti. Le astronavi sono composte di materia oscura – materia che non interagisce con il campo elettromagnetico – materia che è qui, genera calore e quindi il vapore acqueo che appare a forma di nuvola. Alieni? Forse cittadini dell’universo come lo siamo noi. Comunque per me le astronavi in cielo non sono la salvezza né una minaccia per il genere umano; sono la prova che abbiamo ignorato la Forza più possente della natura, l’unica che ci unisce agli infiniti mondi intelligenti e dimostra che la morte non esiste.

Io sono convinta che ci dobbiamo salvare da soli, dobbiamo ammettere che abbiamo dato credito e peso immeritato a un campo illusorio – quello electromagnetico, TV, cellulari, internet, etc. – e ignorato il lato luminoso della Forza, la Vita universale, che opera in modo speciale negli organismi in particolare quelli umani, dotati di postura verticale. Come mostro nel mio video - Le stelle cadranno dal cielo – la scomparsa della magnetosfera terrestre non è un pericolo per l’umanità. E’ la scomparsa dell’UTERO in cui siamo stati immersi per millenni, la Rivelazione che l’UNIVERSO è ORGANICO e INTELLIGENTE, ETERNO e INFINITO. E’ la RINASCITA di tutti gli umani che anelano a un mondo saggio, giusto e prospero, riconoscono l’evidenza che i limiti non esistono affatto. 

Se vogliamo vivere la realtà reale che finora è stata invisible, nascosta dallo schermo, la “mela” o magnetosfera che finora ha avvolto il pianeta, dobbiamo usare il lato luminoso della Forza, la VITA Universale; è ciò che gli antichi chiamavano il “Fiume della Vita” e i fisici oggi chiamano “corrente neutra debole”, una forza nucleare possente e benefica, portata da un flusso imponente e invisibile di massicci messaggeri i così detti bosoni Z. Usare il lato luminoso della Forza significa riconoscersi e amarsi, agire in modo tale da creare un mondo senza “nemici”, confini ed eserciti necessari a proteggerli. Quindi ti invito a sentire la Forza, a renderti conto che non è spirito, né è solo il lato oscuro, cioè solo il campo elettromagnetico. Il Suo lato luminoso è ciò che non possiamo vedere, ma che possiamo sentire come intuizioni, sensazioni, previsioni, eros, creatività, innovazione, emozioni. Quindi credi in te stesso.

Notate effettivamente come delle asserzioni, sono estremamente precise e decisamente attuali.

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1 novembre 2013 5 01 /11 /novembre /2013 22:18

Centosettantanovesimo-post_Medicina-spiritualità-quinta-parte

Cinque secoli dopo la nascita di Gesù, Maometto, il fondatore dell’Islam, descrisse se stesso mentre attraversava quelli che egli definisce “i sette cieli” in groppa ad un magnifico stallone. Ogni dimensione che Maometto incontrò viene descritta nei minimi dettagli. Egli parla di sette dimensioni straordinarie, da ognuna delle quali si irradiano colori di intensa luminosità; descrive zone incantevoli caratterizzate da una luce pura e delicata nonché ambienti infernali che incutono paura. Un esame di tali racconti conferma che le credenze personali e le percezioni della realtà dei primi esploratori spirituali influenzarono le loro percezioni nel corso delle esperienze extracorporee. In altre parole è probabile che le nostre credenze religiose moderne siano state condizionate dal modo in cui i primi profeti interpretarono gli ambienti non fisici che essi conobbero.

Per attraversare le dimensioni spirituali dell’universo, oggi Maometto sarebbe molto più probabilmente a suo agio a bordo di una magnifica vettura bianca invece che su un cavallo, o altro animale, mentre San Giovanni probabilmente userebbe l’espressione “Mi trovavo fuori dal corpo” al posto di “Ero in estasi” riferita nell’Apocalisse. Questo, tuttavia, non sminuisce gli scritti ispirati dai nostri primi esploratori spirituali, ma fornisce, al contrario, nuove intuizioni sul significato recondito di tali esplorazioni. I primi leader spirituali che influenzarono e crearono le nostre principali religioni erano in gran parte esploratori astrali. Essi descrissero i loro viaggi non fisici in base alle percezioni culturali e religiose della loro epoca. Sono infatti numerose le analogie tra le vite di Ezechiele, Giovanni, Zaraustra e Maometto: tutti infatti descrivono esplorazioni extracorporee in dimensioni invisibili dell’universo.I Sufi persiani del ventesimo secolo erano ben noti per la loro capacità di indurre stati di trance e di esplorare “la terra dove abitano gli spiriti”. Nei loro scritti essi parlano di “alan almithal”, dimensioni create dal pensiero, regni invisibili abitati da numerosi maestri o guide spirituali, chiamati imam. E’ interessante che negli insegnamenti dei Sufi gli ambienti e le città vengano descritti come se fossero veri e fossero creati dalla coscienza o dall’immaginazione collettiva dei loro abitanti. Inoltre, i residenti di quelle terre invisibili sono dotati di energia sottile o di corpi-pensiero. La magnifica realtà descritta tanto eloquentemente dai Sufi coincide con la descrizione fornita dai moderni esploratori astrali.

Hafiz, uno dei maggiori poeti Sufi, cominciò sin da bambino a vivere profonde esperienze fuori dal corpo. All’età di nove anni visse la prima di tali esperienze: “Mi rifiutai di dire alla mia famiglia che lo spirito (coscienza) aveva lasciato il mio corpo e aveva incontrato Dio per ricevere istruzioni da seguire in questa vita”. Nelle opere di Hafiz e Rumi, un altro poeta Sufi, come quelle di Zarathuštra e di Maometto, si ritrovano validi esempi dei benefici dall’esplorazione fuori dal corpo.

In tempi più recenti, numerosi maestri yogi descrivono come trascendere la carne ed esplorare le dimensioni invisibili spirituali. Sri Yukteswar, uno degli yogi più influenti, un uomo sacro indù di grande rispetto, morto nel 1936, descriveva eloquemente i suoi viaggi nelle dimensioni invisibili caratterizzate da “diverse vibrazioni sottili di luce e di colore” “centinaia di volte più grandi del mondo fisico”. Yukteswar descrisse dettagliatamente come gli abitanti non fisici comunichino utilizzando un tipo di telepatia che egli definì “immagini luminose”.

Un altro esempio ci viene offerto dallo yogi Paramahansa Yoganda, ben noto in tutto l’occidente come fondatore della società Selfrealization Fellowship e autore del libro di successo Autobiografia di uno Yogi, pubblicato nel 1946. Nelle sue opere egli descrive le modalità di separazione dal corpo e in che modo riuscì a incontrare il guru deceduto Sri Yukteswar.

Per quanto riguarda i santi cattolici, numerosi mistici occidentali, tra cui diversi santi della Chiesa romana cattolica, hanno raccontato di essere in grado di lasciare il loro corpo. L’autobiografia di Santa Teresa d’Avila presenta descrizioni dettagliate dei suoi viaggi extracorporei. La Santa afferma: “Si ha l’impressione di essere trasportati in un’altra regione o mondo. L’anima è sospesa in modo tale che sembra completamente fuori da sé stessa”.

Tra i santi e monaci cattolici conosciuti per le loro esperienze fuori dal corpo o bilocazioni ricordiamo San Francesco Saverio, Padre Pio e Sant’Antonio d’Assisi.

Molti scrittori moderni hanno contribuito con le loro opere alla rinascita dell’interesse per l’esplorazione extracorporea. Sylvan Muldoon, Yram, Robert Crookall, Oliver Fox, Robert Monroe e altri ancora hanno scritto racconti affascinanti sulle loro avventure fuori dal corpo. Tra gli scrittori noti che hanno raccontato di aver vissuto esperienze fuori dal corpo, ricordiamo D.H. Lawrence, Jack London, Goethe, Aldous Huxley, Fred Alan Wolf, Michael Talbot, Michael Crichton e Richard Bach.

Maometto, Swedemborg, i Sufi, i maestri yogi, gli sciamani, i santi della Bibbia e i moderni viaggiatori astrali sono accomunati dall’esplorazione dei regni sottili dell’universo: essi hanno sperimentato l’universo multidimensionale e descritto le loro esperienze in base a punti di vista culturali del tutto personali. Questi modernissimi esploratori hanno viaggiato superando di gran lunga le regole ufficiali della scienza e della religione. Hanno aperto nuovi orizzonti a cui tutta l’umanità alla fine dovrà tendere. La loro esplorazione si rivela per noi di particolare importanza perché è alle dimensioni interiori della realtà che dovremo far ritorno quando vivremo l’ultima avventura fuori dal corpo, ovvero la morte.

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17 ottobre 2013 4 17 /10 /ottobre /2013 21:29

Nel Poema sulla natura Parmenide sostiene che la molteplicità e i mutamenti del mondo fisico sono illusori, e afferma, contrariamente al senso comune, la realtà dell’Essere: immutabile, ingenerato, finito (cioè completo, compiuto), immortale, unico, omogeneo, immobile, eterno. Tale concezione riecheggerà nella prospettiva fondamentale della metafisica nata dalla scuola del filosofo e mistico sufi Ibn ’Arabi, circa l’“unicità (o unità) dell’esistenza”, designata con l’espressione wahdat al wujûd. Secondo tale dottrina lo sguardo purificato del mistico, coglierebbe l’esistenza, l’esserci delle cose, come ben più che una qualità o un accidente aggiunto a delle supposte sostanze: tale esistenza si manifesterebbe invece, nella sua origine, come una realtà in atto, la sola sussistente, pura e senza attributi, al di là delle modificazioni e delle determinazioni che sono le sue forme interne e in definitiva illusorie. Secondo la prospettiva di questa metafisica, come scrisse lo studioso di religioni Toshihiko Izutsu: «La struttura della realtà esteriore implicata dalla preposizione “Il fiore è esistente” si rivela essere completamente differente da quello che la forma grammaticale suggerisce.

Ciò che esiste al senso pieno del termine, è l’esistenza, come assoluto indeterminato, non il fiore. Essere-un-fiore non è che una determinazione speciale di questo assoluto indeterminato. Non è che una forma particolare nella quale l’esistenza si rivela a sé stessa nella dimensione del mondo detto esteriore. In altri termini, il fiore è un accidente che qualifica l’esistenza e la determina in una certa forma fenomenica» (1). La wahdat al wujûd, quindi, non è che il riconoscimento – ad un grado trascendente – del fatto che l’esistenza ha il suo fondamento nell’Essere di Dio, ed è perciò “unica”. E’ chiaro, però, che l’essere umano, se vuole conoscere, deve superare l’opposizione soggetto-oggetto in cui è confinata la sua visione quotidiana.

Una siffatta visione, che oggigiorno non esiteremmo a definire olistica, è possibile rinvenirla in molti grandi pensatori della filosofia occidentale. Ad esempio, secondo Plotino, il “semplice” è ciò che sta alla base della vita. E questo “semplice” che sta alla base del composto non può essere un’entità materiale, in quanto qualunque oggetto esteso spazialmente può essere pensato e diviso a metà, quand’anche non lo si riesca realmente a spezzare. Neanche gli atomi possono costituire il principio primo perché sono a loro volta potenzialmente divisibili. La vita dunque, secondo Plotino, nasce non da combinazioni atomiche, bensì da un principio interiore, semplice, e immateriale: l’anima. A sua volta la molteplicità di anime presenti nel mondo è comprensibile solo ammettendo che tutte abbiano la stessa origine. Infatti, non possono esistere più “Uno”, perché in tal caso non sarebbero più Uno ma molti. L’Unità che sta a fondamento delle anime dev’essere dunque la stessa per tutte. Questa unità è l’Anima del mondo, la quale a sua volta si fa veicolo delle idee platoniche negli organismi, andando a costituire la loro ragione formante o lògos. Per Plotino il mondo intero è un organismo vivente e ogni parte dell’universo è legata ad ogni altra parte. E un bel giorno diede a un suo discepolo questo consiglio: «per raggiungere l’unione con l’Uno, spogliati di tutto». Un consiglio simile ebbe a darlo ad un discente anche Spinoza: «Dobbiamo accantonare i beni del mondo per cercare l’unione che la mente ha con l’intera Natura» disse.

timeoTalete affermava che “ogni cosa è piena di Dèi”, Platone asseriva che “il mondo è un Dio benedetto”, sostenendo che il mondo fosse una sorta di grande animale, la cui vitalità fosse supportata da un’anima (la c.d. Anima del Mondo), infusagli dal Demiurgo, che lo plasma a partire dai quattro elementi fondamentali: fuoco, terra, aria, acqua. «Pertanto, secondo una tesi probabile, occorre dire che questo mondo nacque come un essere vivente davvero dotato di anima e intelligenza grazie alla Provvidenza divina» (2) avrà ad asserire in un dialogo cosmologico del Timeo. Il concetto platonico di “anima del mondo” trovò in seguito un corrispettivo nel Lògos dello stoicismo, concepito in forma immanente come presenza del divino nelle vicende del mondo, ossia come συν-παθεία (syn-pathèia), sentimento di compassione che unifica la sfera soprannaturale con quella umana.

«L’intero creato costituisce una simbolica riflessione di Dio», sosteneva in piena Rinascenza Pico della Mirandola. Mentre in un’opera capitale della filosofia italiana Del senso delle cose e della magia di Tommaso Campanella, il mondo viene presentato come un grande organismo vivente: qui egli afferma che tutto «sente», anche il fuoco, l’acqua, le pietre, tutti «sentono», altrimenti il mondo sarebbe solo caos, «perché il fuoco non andaria in alto, né l’acqua al mare, né le pietre caderieno in giù, ma ogni cosa dove fusse posta si rimarrebbe, non sentendo la sua destruzione tra contrarii, né la conservazione tra simili» (3). Nella Metaphysica, un’opera in diciotto libri del 1638, Campanella avrà inoltre a scrivere che tra tutti gli enti, sia quelli tradizionalmente considerati viventi che quelli privi di vita, vi è come un reciproco sentimento di attrazione e repulsione tale da far pensare che l’amore sia dappertutto: «l’antipatia e la simpatia di tutte le cose dimostrano chiaramente che in esse tutte si trova l’amore». Similmente, per Giordano Bruno: «tutte le cose sono piene di spirito, di anima, di nume, di Dio o divinità e l’intelletto è tutto dovunque e l’anima è tutta dovunque» (4).

Leibniz nel XVII secolo concepisce tutto l’universo come popolato da centri di energia o monadi, che sono dotate ognuna di proprie personali rappresentazioni, anche se spesso inconsce. Ogni monade è un’entelechia impermeabile e chiusa in se stessa, ma le sue rappresentazioni trovano corrispondenza con quelle altrui perché sono tutte coordinate da Dio, come tanti orologi sincronizzati tra loro, secondo un’armonia prestabilita. Le varie percezioni di ogni singola monade si combinano così fino a formare un quadro complessivo e unitario che è l’appercezione divina. Leibniz si propone così di correggere la concezione di Cartesio, che aveva postulato una rigida separazione tra res cogitans e res extensa, in base alla quale si avrebbe da una parte il pensiero (o la coscienza), e dall’altra la materia inerte, concepita in forma meccanica. Postulare due sostanze è per Leibniz una visione irrazionale, per rimediare alla quale si deve necessariamente supporre che pure la materia apparentemente inorganica abbia proprie percezioni. Nel 1751 Maupertius, allora presidente dell’Accademia delle Scienze di Berlino sotto l’egida dell’illuminato sovrano Federico II di Prussia, pubblica la Dissertatio inauguralis metaphysica de universali naturæ, nella quale elabora l’ipotesi di un panpsichismo universale (contenente anche una forma di monismo neutrale), da opporre alle tesi materialistiche d’impianto meccanicistico e riduzionistico, in cui gli elementi, dotati di un potere embrionale di percezione e coscienza, agiscono secondo un fine immanente stabilito da Dio.

Durante il secolo dei Lumi, un caso a se è rappresentato dalla figura poliedrica di Goethe, il quale in un mondo dove la spiritualità si andava eclissando di fronte alla prevaricazione dell’illuminismo radicale e del materialismo, dette prova di essere un genio totale e compiuto: dotato, infatti, di una natura particolarmente intuitiva, affinata in gioventù con lo studio di grandi filosofi quali Platone, Aristotele, Plotino, Spinoza, Leibniz, di dottrine sapienziali quali l’ermetismo e l’alchimia e di autori quali Paracelso, Agrippa, Boehme, Goethe fu sempre ispirato da un deciso neoplatonismo, che traspare, ad esempio, anche dai versi di una sua poesia, Uno e Tutto, il cui titolo appare già molto significativo:

«Esso deve essere in movimento, agire creando,
Prima assumere una forma, poi trasformasi;
Solo in apparenza esso sta talvolta in quiete,
L’Eterno è continuamente in moto:
Giacché deve disperdersi nel nulla
Tutto ciò che vuol persistere nell’immortalità» (5).

Cosicché nel 1784 poteva scrivere ad un confidente, richiamandosi al pensiero alchemico come guida nell’approccio alla natura, che «l’accordo con il tutto rende ogni creatura ciò che essa è [...]. E così, di nuovo, ogni creatura è solo un suono, una sfumatura di una grande armonia». Goethe credeva fermamente in Dio, ma il suo Dio non era quello biblico-evangelico, piuttosto, si avvicinava alle divinità olimpiche della Grecia classica, tant’è che Nietzsche ebbe a definirlo un «sincero pagano». Lontano anni luce dal meccanicismo, per Goethe il motore di tutto ciò che esiste è una attività pura, quasi un “wei wu wei” taoista, un “agire senza agire”, non di certo un moto casuale o una cieca forza meccanica.

«L’Universo è collegato da invisibili fili, non da tutti percepiti; bisogna esercitarsi a riconoscere gli spirituali legami tra le cose che dall’immenso loro numero ne fanno riuscire mirabilmente un sola», affemava Rosmini (6). Mentre il secolo scorso Alfred North Whitehead, autore assieme a Bertrand Russell dei Principia Mathematica, vedeva la natura, attraverso tutti i suoi cambiamenti, come un’entità intera e inclusiva, e rifiutava il dualismo mente-corpo, considerando che «ogni attualità concreta deve essere vista come un soggetto» (7). Così i concetti di soggetto e oggetto per Whitehead non solo devono abbracciarsi, ma in realtà sono legati inestricabilmente l’uno all’altro in un contesto concreto di avvenimenti. All’interno di un avvenimento «soggettività e oggettività si avvolgono a vicenda» (8) affermava.

Il filosofo e psicologo tedesco Gustav Fechner riteneva che l’intero universo avesse una natura spirituale, il mondo dei fenomeni essendo solo la manifestazione esteriore di questa realtà spirituale. Asseriva, infatti, che ciò che a se stesso risulta di natura psichica agli altri appare fisica. Diceva: «ognuno di noi percepisce se stesso come un’entità psichica ma vede gli altri come corpi. Da questa esperienza primordiale, per analogia, ci pare credibile che l’intero mondo di fenomeni è un velo che nasconde ai nostri occhi la vera natura interiore del mondo fisico. Così come nessuno di noi desidera essere trattato come un corpo solo, anche il mondo “altro” desidera essere conosciuto come soggetto e non come oggetto» (9). Così Fechner vedeva la coscienza come una caratteristica di tutto ciò che esiste, persino degli atomi che sono solo gli elementi più semplici in una gerarchia che conduce a Dio, che egli considerava l’anima dell’universo. Lo stesso Fechner scrisse: «In una calda giornata d’estate stavo in piedi vicino a uno stagno e contemplavo una ninfea che aveva steso le sue foglie equamente sull’acqua e con il fiore aperto si crogiolava alla luce del sole. Che fortuna eccezionale, pensai, ha questa ninfea che sopra gode del sole e sotto è immersa nell’acqua – se solo fosse capace di sentire il sole e il bagno. E perché no? Mi chiesi. Mi sembrò che la natura non avrebbe sicuramente creato una creatura così bella, e così perfettamente disegnata per queste condizioni, solo per essere l’oggetto dell’osservazione casuale… ero incline a pensare che la natura l’aveva così costruita perché tutto il piacere che si possa derivare dal godere contemporaneamente il sole e l’acqua fosse goduto da questo essere nella misura più piena possibile» (10). Fa eco a tali considerazioni un verso della poesia del poeta inglese Wordsworth, intitolata Lines written in early spring, in cui si legge: «Ed è la mia fede che ogni fiore gode dell’aria che respira».

mandalaUn’enciclopedia filosofica pubblicata negli Stati Uniti nel 2006, a proposito di questa visione del mondo, definita “Panpsichismo”, riporta che: «Anche se il panpsichismo sembra ora incredibile alla maggior parte delle persone, è stato accolto in un modo o l’altro da molti pensatori eminenti sia nell’antichità che in tempi più recenti». Infatti questa concezione sembra essere nata sin dagli albori dell’umanità, rappresentando un tratto caratteristico del paganesimo e delle religioni animiste, secondo cui ogni realtà, anche apparentemente inanimata, contiene una presenza spirituale, collegata all’anima del tutto. Nel politeismo, infatti, le divinità erano proprio espressioni personificate di queste forze o energie della Natura, e concepite ad essa immanenti. Si tratta di una visione antitetica al meccanicismo: per quest’ultimo gli organismi sono il risultato della combinazione di più parti, originariamente separate tra loro, che unendosi accidentalmente costruiscono l’essere vivente. Mentre secondo il panpsichismo la vita non opera assemblando singole parti fino ad arrivare agli organismi più evoluti e intelligenti, ma al contrario parte da un principio unitario e intelligente da cui prendono forma le piante, gli animali, e gli esseri umani. Parallelamente alle forme con cui si è presentato in Occidente, il concetto di anima del mondo si è sviluppato in maniera simile anche in Oriente, presso le religioni asiatiche come il buddismo, il taoismo e l’induismo, dove analogamente prevale l’idea che l’universo sia animato da una forza compatta e unitaria: per l’induismo e il buddismo esso è l’Ātman, principio del Sé individuale e interiore, unito indissolubilmente a Brahman, principio del mondo esteriore. In Cina è il Tao, attività unificatrice del dualismo cosmico yin e yang nel quale essa stessa si polarizza, articolandosi secondo una visione armonica e organica dell’universo. Secondo il buddismo, in particolare, l’ego che separa le anime individuali è in realtà illusorio, perché al fondo esse sono una realtà sola; di qui la raccomandazione di esercitare la compassione, tramite cui è possibile riconoscere se stessi negli altri.

Rispetto a siffatte concezioni, il modo di procedere della teoria atomistica risulta invece rovesciato: tale visione era apparsa per la prima volta in Democrito, secondo cui tutta la realtà risulta composta da atomi, soggetti a leggi di causa-effetto; l’anima secondo Democrito non esiste, o meglio è qualcosa di puramente materiale, soggetta al divenire e alla morte. Questo determinismo meccanicista verrà ripreso in età moderna dall’empirismo anglosassone. Oggi, altresì, regna l’idea che la coscienza sia una “proprietà emergente”, che appare solo con la comparsa sulla terra di un organismo abbastanza complesso. Ma questa idea, a ben vedere, sostiene una visione antropocentrica del mondo. Tale concezione, completamente profana, è stata prefigurata già dal giudaismo e dal cristianesimo che tramandano una nozione di tempo lineare, in cui la storia prende il posto degli avvenimenti del mito. Mircea Eliade ebbe a dire che «l’uomo moderno vive disorientato», e aveva ragione da vendere, l’uomo moderno non ha infatti più alcun punto di riferimento, è decontestualizzato, alienato, abbandonato a se stesso in un universo infinito che si dimostra indifferente, che non gli comunica più nulla, se non un grande senso di smarrimento. Sotto un certo aspetto osserviamo quanto ebbe a notare Titus Burckhardt, cioè che: «le scienze naturali e la filosofia moderna sono come i due frammenti di un’entità perduta, l’uno dei quali si sviluppa verso la oggettività, l’altro verso la soggettività. L’entità andò perduta quando il suo asse sicuro, che altro non è se non la teoria tramandata dello spirito, fu abbandonato» (11).

Whitehead ebbe a sostenere che «tutta la storia della filosofia occidentale non è che una serie di note a margine su Platone». Questo è abbondantemente vero. Ciononostante, ci è dato constatare come l’influsso del Platonismo, notevole sino all’età umanistico-rinascimentale, si eclissi rapidamente nel corso della modernità, a vantaggio di altre filosofie tipicamente moderne, che fanno capo ad autori come: Galilei, F. Bacone, Cartesio, Marx, propugnatori di filosofie per certi versi molto diverse e talvolta antitetiche tra loro, ma assimilabili per la presenza di decisivi tratti comuni, come: la contrapposizione uomo-natura (e quindi il ripudio della vecchia “unione”); l’antropocentrismo (o meglio, “egocentrismo”); la nuova fede nell’attivismo progettante.

La scissione uomo-natura creerà un mondo sempre più avviato verso la disperazione e l’odio. Concependo la natura come altra da sé, come “materia” da plasmare, l’uomo si costruisce un mondo meccanizzato e si realizza egli stesso come automa, in piena opposizione all’animismo, al vitalismo e al panpsichismo della natura degli antichi. Per certi versi, il materialismo utilitarista e positivista che domina la nostra epoca sembrerebbe l’espressione non di una scelta storica e di un percorso culturale, ma dell’involuzione delle menti degli uomini verso uno stato di sonno materialistico. Ciò rispecchia il tema tradizionale del crepuscolo degli dèi, o Ragnarök, assimilabile al Kali-yuga, l’età oscura di cui parlano i testi sacri dell’antica India, e non è molto lontano dal mito greco dell’età del ferro. Il concetto di crepuscolo degli dèi indica infatti il tramonto del divino e della trascendenza rispetto all’orizzonte umano. Viene a verificarsi, dunque, quell’«opposizione fra super-realismo e umanismo, che separa ciò che è tradizionale da ciò che è moderno» (12).

Ad esempio, mentre «l’idea tradizionale dello spazio molto spesso si confonde con quella stessa dell’ “etere vitale” – l’akasha, il mana – mistica sostanza-energia onnipervadente, più immateriale che materiale, più psichica che fisica, spesso concepita come “luce”, distribuita secondo saturazioni varie nelle varie regioni, sì che ciascuna di queste appare possedere virtù proprie e partecipare essenzialmente alle potenze che vi risiedono» (13), «lo spazio dei moderni è un luogo degli oggetti e dei movimenti astratto e impersonale» (14).

Inoltre, riguardo la relazione basale fra Io e non-Io, Julius Evola ebbe a notare che: «Tale relazione solamente nei tempi ultimi è stata caratterizzata da una separazione netta e rigida. Risulta dunque che nelle origini le frontiere fra io e non-Io erano invece potenzialmente fluide e instabili, tali che in certi casi potevano venire parzialmente rimosse, con una doppia possibilità come conseguenza: la possibilità di irruzioni sia del non-Io (cioè della “natura”, nel senso delle sue forze elementari e del suo psichismo) nell’Io, sia dell’Io nel non-Io» (15).

magritteSimilmente Giovanni (Leo) Colazza in Introduzione alla magia quale scienza dell’Io asserisce che: «Nella terra, nell’acqua e nell’aria vi sono forze che sanno di essere: l’uomo deve riconoscersi come un ente compartecipe dell’armonioso e comunitario rito cosmico che si compie nella vita quotidiana, in ogni processo della natura e nel suo essere» (16). E Titus Burckhardt avrà a dire: «là ove la Conoscenza si unisce al proprio essere, e dove l’Essere conosce sé nella sua immutabile attualità, non si ragiona più dell’uomo. Lo spirito in proporzione al suo profondarsi in tale condizione, si fa identico, non all’uomo individuale, ma all’Uomo universale (al-insân al-kâmil), che costituisce l’unità intrinseca d’ogni creatura. [...] L’Uomo universale non è realmente separato da Dio; è come il Suo Volto nelle creature. Per il tramite dell’unione con lui, lo spirito s’unisce a Dio» (17). Molto indicativi sono in tal senso i versi di quel grande poeta e mistico che fu Fernando Pessoa:

«Non basta aprire la finestra
per vedere la campagna e il fiume.
Non basta non essere ciechi
per vedere gli alberi e i fiori.
Bisogna anche non avere nessuna filosofia.
Con la filosofia non vi sono alberi: vi sono solo idee.
Vi è soltanto ognuno di noi, simile ad una spelonca.
C’è solo una finestra chiusa e tutto il mondo fuori;
e un sogno di ciò che potrebbe esser visto se la finestra si aprisse,
che mai è quello che si vede quando la finestra si apre» (18).

Questo ritorno all’unità di vertice del sapere, al di là delle scissioni razionalistiche e all’inevitabile settorializzazione della conoscenza odierna, riteniamo imprescindibile porre come obiettivo e come modello per una scienza organica e antiriduzionista. Un aiuto in tal senso può giungerci da questa riflessione di Martin Heidegger, il quale ripropone la questione del senso e della verità dell’essere, che egli vede chiaramente caduta in oblio. Oblio dell’essere (Seinsvergessenheit) che significa per Heidegger la dimenticanza del proprio essere in contrasto col nulla e la mancanza dello stupore che questo incontro dovrebbe suscitare. Egli dirà che: «Solo l’uomo fra tutti gli essenti può conoscere, chiamato dalla voce dell’essere, la meraviglia delle meraviglie: che qualcosa è» (19). Perché come scrive Marcel Proust nella Recherche: «L’unico vero viaggio verso la scoperta non consiste nella ricerca di nuovi paesaggi, ma nell’avere nuovi occhi» (20).

NOTE

(1) Toshihiko Izutsu, Sufism and Taoism: A Comparative Study of Key Philosophical Concepts.
(2) Platone, Timeo.
(3) Tommaso Campanella, Del senso delle cose e della magia.
(4) Giordano Bruno, De magia.
(5) Johan Wolfgang Goethe, Uno e Tutto.
(6) Antonio Rosmini, Introduzione alla Filosofia.
(7) A.N. Whitehead, Symbolism, Its Meaning and Effect.
(8) A.N. Whitehead, Symbolism, Its Meaning and Effect.
(9) Gustav Fechner, Elemente der Psychophysic.
(10) Gustav Fechner, Elemente der Psychophysic.
(11) The Essential Titus Burckhardt: Reflections on Sacred Art, Faiths, and Civilizations.
(12) Julius Evola, Rivolta contro il mondo moderno.
(13) Julius Evola, Rivolta contro il mondo moderno.
(14) Julius Evola, Rivolta contro il mondo moderno.
(15) Julius Evola, Rivolta contro il mondo moderno.
(16) Gruppo di Ur, Introduzione alla magia quale scienza dell’Io.
(17) The Essential Titus Burckhardt: Reflections on Sacred Art, Faiths, and Civilizations.
(18) Fernando Pessoa, Versi sciolti.
(19) Martin Heidegger, Che cos’è metafisica?
(20) Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto

 

 

 

tratto da: http://www.centrostudilaruna.it

Autore: Giovanni Balducci

 

http://www.astronavepegasus.it/pegasus/index.php/spiritualita-e-riflessione/311-l-unita-dell-essere-e-la-magia-del-tutto#.UmBZaEdH6po

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30 settembre 2013 1 30 /09 /settembre /2013 22:16

Quello degli Elohim è un tema che ha aperto innumerevoli dibattiti. Le informazioni sugli Elohim spesso sono confuse, legandosi a discorsi che vanno dall’ufologia all’ambito religioso; le definizioni tendono ad essere contorte, li descrivono come “archetipi della storia” oppure “entità multidimensionali legate all’elemento luce”: definizioni che lasciano molti dubbi. Proprio per questo è interessante cercare di dare un senso a tutto ciò e chiarire le informazioni che abbiamo.

La parola ebraica “Elohim”, in realtà, vuole solo dire “dio” o divinità. Se sia singolare o plurale, però, è difficile da dire, infatti anche su questo dettaglio è aperto il dibattito.
Secondo alcune teorie, gli Elohim sono entità provenienti dallo spazio, quindi degli extraterrestri, dotati di grandi capacità intellettive e di un alto livello spirituale.
Nel mondo, diversi individui considerati “contattasti” hanno affermato di avere rapporti con queste entità aliene. Tra i più famosi c’è sicuramente il francese Claude Virilhon, che fondò il Movimento Raeliano (vedere articolo MOVIMENTO RAELIANO ED ELOHIM). Virilhon sostenne di essere in contattato con gli Elohim, che gli fornirono importanti informazioni sull’origine dei terrestri: essi crearono ogni forma di vita sulla Terra attraverso l’ingegneria genetica.
Anche in Italia un uomo si è fatto avanti per affermare di essere entrato in contatto con gli Elohim, ed il suo nome è Eugenio Siragusa. Stando alle affermazioni attribuite a Siragusa, questi alieni sono in possesso di informazioni molto importanti, su com’è avvenuta la formazione del nostro Sistema Solare e come si è evoluta la vita sulla Terra. Inoltre, gli Elohim hanno affermato di non condividere le nostre idee sullo spazio e sul tempo, in quanto si spostano in dimensioni spazio/temporali diverse dalla nostra. Anche in questo caso, gli Elohim avrebbero dichiarato di aver contribuito alla creazione della vita sulla Terra e di essere gli Dei della storia.

Insomma, tutte affermazioni che danno ancora più forza alla teoria per cui gli extraterrestri hanno creato l'homo sapiens unendo il DNA dell’homo erectus al loro. Il legame tra religione ed ufologia potrebbe essere estremamente profondo (vedere articolo RELIGIONE ED UFOLOGIA), ed un interessante punto in comune tra varie teorie e testimonianze, inoltre, è quello di un possibile ritorno degli Elohim sulla Terra.

Il 13 dicembre 1973 Rael, a quell'epoca giornalista in Francia, venne
contattato da un visitatore proveniente da un altro pianeta che gli
chiese di costruire un'Ambasciata per accogliere questi esseri al loro
ritorno sulla Terra.

L'extraterrestre era alto circa un metro e venti, aveva lunghi capelli
neri, occhi a mandorla, carnagione olivastra e trasmetteva armonia ed
umorismo. Egli disse a Rael:

"noi siamo quelli che hanno creato la vita sulla Terra,"
"ci avete scambiato per Dei"
"noi siamo all'origine elle vostre principali religioni"
"Adesso che siete abbastanza maturi da comprendere tutto ciò,
vorremmo stabilire un contatto ufficiale attraverso un'Ambasciata"


I MESSAGGI

I messaggi dettati a Rael spiegano come la vita sulla Terra non sia il
risultato di un'evoluzione casuale, e neanche l'opera di un "Dio"
soprannaturale. Essa è una creazione deliberata, voluta da un popolo
scientificamente avanzato che, attraverso l'utilizzo del DNA, ha creato
gli esseri umani letteralmente a propria immagine. Possiamo definire
questo processo creativo come "creazionismo scientifico". Riferimenti a
questi scienziati ed alla loro opera, come pure al loro simbolo
dell'infinito, si possono trovare nei testi antichi di molte culture.
Per esempio nella Genesi, il resoconto biblico della creazione, la
parola "Elohim" è stata tradotta erroneamente con la parola "Dio" al
singolare, ma questo termine è invece un plurale che significa "coloro
che sono venuti dal cielo".

Pur lasciando la nostra umanità progredire da sola, gli Elohim
mantennero il contatto con noi attraverso i profeti, inclusi Buddha,
Mosè, Gesù e Maometto. Tutti questi messaggeri del passato furono
scelti ed istruiti da loro. Il compito dei profeti era di educare
progressivamente l'umanità attraverso i messaggi che essi insegnavano,
adattati di volta in volta alla cultura ed al livello di comprensione
del tempo. Essi dovevano anche lasciare una testimonianza
dell'esistenza degli Elohim, perché così, quando saremmo stati
abbastanza progrediti scientificamente per comprendere, avremmo potuto
riconoscerli come nostri creatori ed esseri umani proprio come noi.

L'AMBASCIATA

Ora che l'uomo ha messo piede sulla luna ed i nostri scienziati stanno
creando la vita attraverso la sintesi del DNA, siamo finalmente in
grado di comprendere i nostri creatori scientificamente, invece di
mistificarli ed adorarli stupidamente. Per questa ragione gli Elohim
hanno contattato il giornalista francese Rael. Essi gli hanno chiesto
di far conoscere il loro messaggio finale a tutto il mondo e di
costruire per loro un'ambasciata dove essi si incontreranno
ufficialmente con noi e con i governi del nostro pianeta.

libri di Rael in e-book gratuito, formato pdf.
http://www.rael.org/italian/index.html

 

  

 

Nei "jewish UFO files", i racconti ebraici delle origini, abbondano i riferimenti ad apparizioni UFO nel Medioriente antico. Molte altre apparizioni, decontestualizzate, rilette in chiave mistica ed inserite in un contesto biblico a posteriori, potrebbero celare nuovi sconcertanti episodi.

Pur non appartenendo tutti alla tradizione ebraica, i cosiddetti "vangeli apocrifi" (cioè quelli non riconosciuti come canonici dalla versione dei Settanta) mostrano spunti assai interessanti per gli studiosi di ufologia; va altresì sottolineato che negli ultimi decenni è parere di una élite di studiosi internazionali che almeno il 90% degli scritti neotestamentari rinnegati dalla Chiesa possa godere di una credibilità pari a quella degli scritti ufficializzati. Una simile presa di posizione ha acceso in passato aspre diatribe, e non è un segreto che i vari testi apocrifi, come i Rotoli del Mar Morto esposti negli anni Novanta sia nei musei americani che vaticani, siano stati volutamente celati per molti anni, affinché non ne venisse divulgato il contenuto, esplosivo per gli uni, eretico e deviante per gli altri.

Occorre anche sottolineare che molti di questi testi, che rivelano presunte predicazioni di Gesù o riscrivono molti episodi cronachistici neotestamentari, sono stati effettivamente inventati di sana pianta o inquinati, anche a più riprese nel corso dei secoli con cancellazioni ed aggiunte, da gruppi gnostici e filosofici che nulla avevano a che spartire con l'ebraismo delle origini (esistono addirittura vangeli neoplatonici e musulmani). Le dottrine in essi contenute venivano solitamente attribuite a Gesù per conferire loro maggior credibilità. Aldilà di queste mistificazioni evidenti, non si può peraltro escludere che alcuni episodi cronachistici, come certe apparizioni di nubi volanti o certe "apparizioni", venissero propagandate proprio in questi scritti, ma inserite in un contesto religioso, in quanto interpretate come-manifestazioni soprannaturali.

 

 

http://reffbux.com/izWXf

 

 

 

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27 settembre 2013 5 27 /09 /settembre /2013 22:01

Per la serietà e la sicurezza delle vedute, per una preparazione veramente particolare in fatto di tradizioni religiose, miti e simbolismi e specialmente di dottrine orientali, per una costante cura nell’affrontare tutti i dettagli pur mantenendo sempre un punto di vista di sintesi, l’opera del Guénon non è da paragonarsi a quella di altri che hanno trattato problemi consimili.

La posizione del Guénon è una posizione di blocco. Si tratta di accettare o meno un dato sistema di riferimento: ma aderendovi è difficile non seguirlo nelle deduzioni che ne trae.

I vari libri del Guénon obbediscono ad un piano prestabilito, che essi vanno ordinatamente svolgendo, il compito iniziale è puramente negativo e se ne può chiarire il senso come segue. Chiuso nella tenaglia del materialismo, l’Occidente negli ultimi decenni è stato preso da un èmpito confuso verso qualcosa di «altro», non sapendo però giungere che a forme equivoche, superstiziose e inconsistenti le quali, contraffacendo la vera «spiritualità», hanno costituito, alla fine, un pericolo altrettanto reale quanto quello del materialismo contro cui erano partite. È così che il Guénon, per primo, ha creduto opportuno prendersela con i «neospiritualismi» più in voga, eseguendone una demolizione sistematica e, a nostro avviso, salutare.

 

Primo a cadere sotto i suoi colpi è stato lo spiritismo. Il suo libro L’Erreur Spirite, del 1923, merita veramente di esser letto, perché in nessun altro si trova una mise au point del genere. Bisogna, a questo proposito, comprendere l’attitudine del Guénon: egli non contesta la realtà dei fatti, ritenendosi anzi fondato ad ammettere molto più di quel che non possa qualsiasi spiritista. Quel che egli afferma, conformandosi all’opinione di chi, come gli Orientali, purtuttavia erano così addentro in fatto di fenomeni psichici – quel che egli afferma è che tali fatti (medianità, ecc.) non hanno nessun valore spirituale; che ogni interesse extrasperimentale per essi è malsano e incentivo di degenerescenza; che l’ipotesi spiritica oltre che arbitraria, è in sé stessa contraddittoria e che è soltanto aberrante la pseudoreligione che in certi ambienti ne deriva. Spiragli oltre il «normale» possono pur aprirsene, ma con ben altri metodi e con ben altra attitudine interiore, se si deve parlare di «spiritualità».

Il secondo colpo cade sulla teosofia anglo-indiana e le sue derivazioni più o meno «occultistiche», per le quali vien proposto il termine di «teosofismo» (Le Théosophisme. Histoire d’une pseudo-réligion, 1921). Il Guénon si dimostra terribilmente informato di tutti i retroscena privati del movimento. Simultaneamente, se pur non sistematicamente (e per questo il primo volume è migliore), egli si dà a mostrare quanto, nel teosofismo, si risolva in una morbosa divagazione di menti confuse, mista a singolari travisamenti di dottrine orientali per opera dei peggiori pregiudizi occidentali. Ed anche qui, come l’antispiritismo del Guénon, non vuol dire filisteismo materialista, ma proprio il contrario, così pure il suo antiteosofismo parte unicamente dal bisogno di difendere certe posizioni e dottrine spirituali e tradizionali a cui lo stesso teosofismo vorrebbe rifarsi, non giungendo invece che a delle contraffazioni più dannose.

Ma l’opera negativa del Guénon non si arresta a tanto. Dopo le velleità «neospiritualiste» ecco che l’intera cultura dell’Occidente diviene l’oggetto dei suoi attacchi (Orient et Occident, 1924; La crise du monde moderne, 1927; ed anche: Introduction générale à l’étude des doctrines hindoues, 1921). Più semplicemente, si tratta di ciò a cui l’Occidente ha dato luogo partendo, ad un dipresso, dall’Umanesimo e dalla Riforma. Guénon non esita a riconoscere la perversione più completa di ogni ordine ragionevole di cose. Per chi voglia seguire il Guénon, qui il terreno comincia a farsi difficile, perché difficile, per i più, è il rendersi conto del punto di riferimento assunto dall’ autore.

Il Guénon sostiene che la causa della crisi del «mondo moderno» risiede principalmente in un perduto contatto con la «realtà metafisica» e nel conseguente estinguersi di tradizioni che avessero il deposito di un corrispondente corpus di principi di valori e di insegnamenti.

Per la comprensione del termine «realtà metafisica» come l’usa Guénon, è d’uopo retrocedere a dottrine «premoderne» e «superare», nell’opinione della moderna filosofia: alla scolastica, per esempio, o a Plotino o alle grandi scuole speculative orientali. Di là da tutto ciò che è spaziale e temporale che è soggetto a cangiamento, che è intriso di particolarità, di individualità e di sensibilità, esisterebbe un mondo di essenze intellettuali, ma non come ipotesi o come astrazione della mente, sibbene come la più reale delle realtà. L’uomo potrebbe «realizzarlo», cioè averne un’esperienza diretta così certa, come quella datagli dai sensi fisici, quando riesca ad elevarsi ad uno stato «soprarazionale» di «intellettualità pura», cioè ad un atto trascendente dell’intelletto scisso da ogni elemento propriamente umano, psicologistico, affettivo-soggettivo e così pure «mistico» e individualistico; ed è in relazione a ciò, e non nel riferimento ad una speculazione filosofica, che viene usato il termine: «metafisico».

Cose, come ognuno vede, tutt’altro che nuove. Ma il Guénon a priori si dichiara avversario irriducibile di tutto ciò che è «nuovo» e «moderno»; e nell’idea che l’esser «originale» e «personale», anzi che l’esser vera, decida dell’importanza di una dottrina, egli accusa una delle più singolari deviazioni della mentalità contemporanea.

Dal contatto con la «realtà metafisica» l’uomo, come si è detto, ricaverebbe un insieme di principi, che renderebbero possibile una visuale non-umana per considerare e ordinare le cose umane: avrebbe dei punti fermi, da cui per adattazione ai vari piani potrebbero esser dedotti principi per conoscenze particolari e varie, ma sempre ordinate «gerarchicamente» intorno ad un asse unico sovrannaturale. Questo, per il Guénon, sarebbe stato il carattere delle «scienze tradizionali» conosciute negli antichi cicli di cultura, in opposto alle scienze moderne, induttivo-esterioristiche, particolaristiche, prive di un punto unitario di riferimento, incapaci di conoscere oltre che di «sapere», puramente «profane».

D’altra parte, trasportata sul piano dell’azione, la «conoscenza» relativamente alla «realtà metafisica» darebbe dei punti di vista superiori, dei principi per dirigere gli interessi terreni, per inquadrare le attività mondane, per prolungare, insomma, la «vita» in qualcosa che è più che «vita».

E a questa seconda applicazione non va dato un valore puramente ideale o contrappuntistico: ciò che non comincia né finisce nell’elemento «uomo», proietta dei precisi rapporti di distinzione e di «dignità» nelle forme di vita; e così nasce la possibilità di quella «gerarchia», che antiche organizzazioni sociali conobbero: nell’India, nell’Estremo Oriente, anche nei centri paleomediterranei sino a quel medioevo cattolico-feudale al quale il Guénon, rivendica uno speciale significato di valore. Invece che un gioco di forze esterne, sarebbe dunque stata l’azione universale e, diciamo così, «catalittica» della «conoscenza metafisica» a instaurare simili strutture d’ordine sin nella vita concreta e politica.

Per la sua natura non-umana, una tale «conoscenza» avrebbe un carattere universale, di una universalità concreta basata sopra un’esperienza trascendente, ripetiamolo, e non astratta o comunque razionale. E come secondo antiche teorie, la potenza del fuoco esisterebbe sempre e ubiqua, per quanto non si manifesti visibilmente che quando siano presenti dati determinismi e ora sotto questa o quella forma contingente, così pure la conoscenza metafisica avrebbe per sue manifestazioni il corpus degli insegnamenti di varie tradizioni e religioni, varie secondo il tempo e il luogo, ma pure riconducibili all’«invariante» di una Tradizione unica o «primordiale», espressione, questa, da prendersi però non in senso temporale e storico, ma in senso metafisico e spirituale.

Dall’Umanesimo in poi, il Guénon vede costituirsi una cultura «involutiva» in quanto basata unicamente sull’«umano». Sono le facoltà razionali che prendono il posto dell’«intellettualità pura»: l’astrazione filosofica si sostituisce alla conoscenza metafisica, l’immanenza alla trascendenza, l’individuale all’universale, il movimento alla stabilità, l’antitradizione alla tradizione. Simultaneamente il polo materiale e pratico della vita si ipertrofizza, si ispessisce, prende la mano su tutto il resto. Nuove manifestazioni dell’«umano», il moralismo, il sentimentalismo, l’esaltazione dell’«io», dell’incomposto agitarsi (attivismo), della tensione senza luce («volontarismo») balenano dappertutto nel mondo moderno, fra una completa mancanza di «principi», fra un caos sociale e ideologico, fra una contaminazione mistica della «vita» e del «divenire» che batte il ritmo ad una specie di corsa verso l’abisso, sotto il cielo arimànico di una grandiosità puramente meccanica e materialistica. E dall’Europa il male si estende altrove come una nuovissima barbarie: l’antitradizione insinua dappertutto il suo standard of living, «modernizzando» quelle civiltà che, come l’Islam, l’India e la Cina, sia pure in lontani riflessi ancora conservano valori dell’altro ordine. Onde – giustamente, a parer nostro – il Guénon dice contro Massis che, se mai, non di un «pericolo orientale» per l’Occidente, bensì di un «pericolo occidentale» per l’Oriente si deve parlare. E gli scatti di reazione, si è visto già dove conducono, in Occidente: sono le deviazioni neospiritualistiche e spiritistiche che esse stesse, riflettono la tirannia delle facoltà infraintellettuali e l’incomprensione per una realtà che si può esser talvolta mostrata, per spiragli luciferinamente socchiusi. E quand’anche non si tratti di teosofismi, spiritismi e simili, la stessa riviviscenza cristiana in sette e in «ritorni» è la più lontana di tutto dal senso di quel severo contenuto di conoscenza ascetica e simbolica, che attraverso il cristianesimo, potrebbe condurre ad un rinnovato contatto con la «realtà metafisica» e con la «Tradizione», al titolo di una liberazione e di una reintegrazione dell’io.

Il panorama dell’«età moderna» si presenta dunque al Guénon in modo non troppo luminoso. Né egli ammette transazioni: dice no allo spirito occidentale preso in blocco e dubita che si sia ancora in tempo per arrestare la corsa che forse già precipita verso un epilogo di catastrofe. Ad ogni modo, a ciò si richiederebbe anzitutto formare delle élites, nelle quali si ridesti il senso della realtà metafisica. Ma fra queste élites (che, fra l’altro, potrebbero già esistere, più o meno fra le quinte) e le grandi masse della società moderna, come si può pensare che si stabilisca una comunicazione? E allora, anche fatto questo passo, la «Tradizione», in senso grande, non resterebbe nuovamente un problema?

Il tentativo di partire da una delle tradizioni ancora esistenti e da là procedere per «integrazione», forse avrebbe migliori possibilità. A questo riguardo, lo sguardo del Guénon si è portato sul cattolicesimo. Egli, come si è detto, ritiene che, più di ogni altra, la tradizione cattolica abbia avuto in Occidente il deposito della «Tradizione primordiale»: deposito anzitutto ricevuto in una forma religiosa e poi, al giorno d’oggi, passato allo «stato latente» come corpo di simboli e di dottrine, nella cui comprensione non entra ormai niente più di metafisico. Occorrerebbe invece che nel cattolicesimo si formasse una élite capace di tanto; e alla reintegrazione, secondo il Guénon, potrebbe servire la conoscenza di dottrine orientali che, come quella vedantina di cui il Guénon ha dato una buona esposizione: L’homme et son devenir selon le Vedanta, 1925, conserverebbero tuttora l’insegnamento «ortodosso» in una forma più pura e più metafisica. Allora il cattolicesimo potrebbe rianimarsi e costituirsi come un principio positivo contro la crisi del mondo moderno.

Quanto siano chimeriche speranze del genere, qui non staremo a rilevarlo: e il Guénon lascia quasi comprendere una certa sua delusione dopo certe «esperienze» personali in proposito. Ma, in ogni caso, resterebbe questo problema: sino a che punto lo stesso cattolicesimo, anche così reintegrato, si può pensare che possa riorganizzare nell’unità di una Tradizione universale il mondo moderno? Come «base», non bisogna illudersi: il cattolicesimo ormai è estraneo al centro del mondo moderno: ed anche là dove ancora domina, il suo dominio è tutto in superficie e non impedisce che la direzione principale della vita e degli interessi miri a tutt’altra cosa, sia laica e antitradizionale.

Diciamo di più: la stessa comprensione della realtà metafisica, come il Guénon la presenta, è tale da essere essa stessa in contrasto con lo spirito dell’Occidente non pure post-umanistico, ma altresì classico, nordico-germanico, ellenico; onde il Guénon deve forzatamente vedere una via senza uscita e ridursi ad un verdetto di condanna privo di effetti. Tuttavia ci si può chiedere: il modo con cui il Guénon concepisce il metafisico è forse l’unico possibile e legittimo?

Qui siamo al punto fondamentale ove la cinta di difesa del Guénon lascia una zona scoperta. Si è che il termine di «intellettualità pura» usato dal Guénon per l’organo della «conoscenza metafisica» cela un equivoco, anzi un paralogismo, perché effettivamente esso vuol dire «realizzazione» e ogni «realizzazione» comprende due aspetti, due possibilità che sono: azione e contemplazione. Il Guénon surrettiziamente identifica il punto di vista metafisico con quello in cui la contemplazione domina sull’azione, laddove è di uguale dignità l’altro, in cui l’azione invece domina sulla contemplazione e viene a fornire essa stessa una via e una testimonianza della trascendenza, così come nelle tradizioni di sapienza eroica degli kshatriya (guerrieri) conosciute dallo stesso Oriente, se pure in frequente contrasto con quelle più predominanti dei brahmana, alle quali si rifà l’attitudine del Guénon. Ma dal punto di vista brahmano, l’antitesi con l’Occidente si fa aspra ed irriducibile, perché lo spirito dell’Occidente ha appunto una tradizione essenzialmente guerriera, epperò rivela possibilità di latenti vie di reintegrazione solamente quando gli si vada incontro partendo dai principi e dalla comprensione del metafisico che sono propri ad una sapienza guerriera: e quei valori occidentali, come quelli dell’affermazione individuale, della pluralità, della libera iniziativa e dell’immanenza, più che negazione, apparirebbero come elementi allo stato materiale da elevare ad un piano spirituale, secondo l’anima di una tradizione veramente occidentale, cioè guerriera.

Si può dunque dire che l’opera del Guénon è positiva nella sua parte negativa e negativa nella sua parte positiva, perché qui la sua leva manca del punto d’appoggio necessario per poter agire su quella realtà, su cui vorrebbe agire. È invece comprendendo la radice guerriero-eroica che tuttora sta dietro alle forme oscure del mondo moderno e mostrando per quale via si possa liberarla da tale piano e condurla a riaffermarsi in un ordine superiore – quelle antiche tradizioni, in cui l’Eroe, il Signore e il Re apparivano simultaneamente come portatori di valori e di influenze non-umane potrebbero, a questo proposito, insegnarci più di una cosa – che si può giungere in Occidente a qualcosa, più che ad una sterile negazione, che ne disconosce la fisionomia.

A Guénon resta comunque il merito di aver affermata la necessità del ritorno ad un punto di vista «non-umano» nel senso più integrale, chiaro e virilmente ascetico e soprarazionale del termine: giacché questo è il principio, ciò che, anzitutto, importa e senza di cui il problema dello spirito moderno sarebbe condannato a rimanere tale.

* * *

Tratto dalla presentazione del volume Considerazioni sulla Via Iniziatica di René Guénon.

 

 

http://www.astronavepegasus.it/pegasus/index.php/esoterismo/283-l-esoterismo-di-rene-guenon#.UkYCSkdH6po

 

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