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19 marzo 2017 7 19 /03 /marzo /2017 23:13

Quando ho cominciato, con le mie ricerche, a parlare di rapimenti in Italia, ho seguito un filone ben preciso. Quasi subito mi ero reso conto che gli addotti dicevano cose reali, anche e soprattutto a livello di ipnosi: più l’ipnosi era profonda più i dati che ne scaturivano erano in qualche modo controllabili, e quindi ad alto contenuto di verità.
Gli attacchi che mi sono stati fatti negli ultimi tempi da parte di detrattori del problema ufologico, da parte di centri ufologici che fingono di appoggiare la mia ricerca ma che, sotto sotto, la ostacolano in mille modi e per mille ragioni, mi hanno, come altre volte,
spinto a vederci più chiaro ed ancora più a fondo.
Non si può negare che lo spunto di questo filone investigativo si deve, almeno per quanto mi riguarda, a Bud Hopkins, il quale, per secondo in America, ha portato avanti le ricerche sui rapiti e non si può negare che il mio attuale punto di vista sul vero fenomeno dei rapimenti è sovrapponibile a quello di Hopkins stesso.
Il materiale che deriva dalle ipnosi regressive è considerato da me estremamente importante, anche se, fino ad oggi, ho cercato di abbinare ai racconti degli addotti in ipnosi anche prove collaterali oggettive; le cicatrici, i disturbi fisici, le testimonianze suppletive, le attenzioni, non sempre positive, che sono state dedicate, a me ed agli addotti, da parte di gruppi interessati più che altro a controllare le mie informazioni, mi hanno fatto pensare che ero, nonostante tutto, sulla buona strada.
Nel frattempo il mio modo di operare sul campo, sebbene tra mille difficoltà, non solo è andato avanti, ma ha subito modificazioni di vario genere. Infatti, una volta resomi conto di come si distingue un addotto da un non addotto, tendo, oggi, a non praticare più quella massa di test sulla psiche dei soggetti che avevano proprio lo scopo di determinarne la salute mentale. Oggi i test sono ridotti al minimo, prima di iniziare le sedute ipnotiche: ciò per due motivi. Il primo è di ordine pratico: ci volevano quasi sei mesi solo per effettuare tutti i test, con l’unico risultato di spazientire psicologicamente il soggetto, il quale conviveva sempre peggio con il suo problema. Il rapporto tra il soggetto e lo psicoterapeuta tendeva, in queste condizioni, a deteriorarsi nel tempo.
Chi, come me, ha dedicato molto tempo al problema rapimenti, cioè ha passato ore ed ore ad intervistarli, si è fatto, dopo una decina d’anni, una certa esperienza e questo mi fa sostenere l’ipotesi che il quadro degli addotti, ovvero di coloro che hanno interferito con i Grigi, entità aliene provenienti da altri mondi, è chiarissimo e riconoscibile all’interno di una, od al massimo due, sedute conoscitive.
Va precisato che qualche lettore potrebbe esprimere le sue giuste perplessità su quanto vado dichiarando, ma devo dire che l’ufologia investigativa, in questo come in altri settori della materia, non si attua stando chiusi in casa, in ufficio o dietro un computer e nemmeno scrivendo romanzi di fantascienza od andando a fare conferenze. Il contatto con gli addotti è, e deve essere, stretto, personale, continuo, perché solo così l’ufologia sarà sperimentata sul campo e solo così ci si potrà fare quell’esperienza senza la quale uno può essere il più grande psicologo del mondo, ma, davanti ad un addotto, tutte le sue belle teorie imparate a scuola serviranno a poco.
È facile fare delle critiche di metodo, quando tutto ciò che compone il nostro bagaglio culturale è e rimane pura, arida e sterile teoria, mai messa in pratica. Un conto è fare lo psicologo infantile per una rivista per bambini e rispondere al quesito se Topolino avrà più successo se disegnato con i guanti gialli o bianchi ed un altro è sentirsi avvicinare da un pilota dell’aeronautica civile, accompagnato da tutta la sua famiglia, che chiede, come a me è successo:
“Dottor Malanga, come faccio a farli smettere? Sa, è dall’età di sette anni che ogni tanto (i Grigi – nda) vengono a prendermi ed io mi sarei anche stufato!”
Quello che scriverò qui di seguito costituisce il risultato integrale di alcune sedute ipnotiche.
I casi che riporto sono due in particolare: si debbono a due ipnologi diversi, che non si sono mai incontrati tra loro, così come gli addotti, i quali vivono in due città differenti, senza conoscere, all’atto delle ipnosi, le dichiarazioni dell’altro.
A causa di problemi legati all’incolumità di queste persone non ne posso rivelare le identità, secondo un modus operandi stabilito in accordo con loro. Di tutte le sedute ipnotiche effettuate riporto solo quelle che affrontano il problema delle facilities (installazioni) sotterranee. Sì, avete capito bene: il problema dell’esistenza di basi sotterranee, dove gli addotti sarebbero stati condotti con la forza e contro la loro volontà durante uno dei diversi rapimenti subiti, esiste anche in Europa e vedremo tra breve come tale problema sia di entità grave.

Primo caso:
L’addotto A, al tempo del racconto, aveva diciassette anni compiuti (ora ne ha abbondantemente più di trenta e fa il poliziotto). A quel tempo era andato in vacanza con un amico, in campeggio in Francia e, durante gli incontri che avevo con lui periodicamente
in una città del centro Italia, mi raccontava sempre di questo viaggio, durante il quale la polizia lo aveva infastidito, fermandolo e verificandogli i documenti con la scusa di effettuare un controllo antidroga. Questo episodio quasi ossessionava il soggetto ed ebbi
l’impressione che lui me lo proponesse inconsciamente, come se il suo inconscio mi dicesse: “Investigate in ipnosi su questo evento della mia vita…”.
In effetti con lui avevo già ricostruito tutto quello che sembrava venir fuori da una vita di abduction cominciata a tre anni e mezzo, ma qualcosa ancora doveva ancora uscire.
Il soggetto, posto in ipnosi profonda ed interrogato sulla gita in Francia, rispondeva, infatti, in modo differente:
M.: Quanti anni hai?
A.: 17 e mezzo.
M.: Dove sei?
A.: In campeggio, a (omissis). Il mio amico è andato a mangiare dalla zia, che abita lì vicino, ed io sono rimasto solo, quando ad un tratto mi si avvicina una camionetta della polizia… strano, non ha la targa… e… i poliziotti hanno una strana divisa… mi… mi fermano e mi chiedono i documenti.
M.: Perché ti chiedono i documenti? Stavi facendo forse qualcosa di male?
A.: Loro dicono che devono fare un controllo e… io… non so la lingua e non capisco.
M.: E poi cosa succede?
A.: Mi prendono e mi spingono sulla camionetta, poi mi portano via.
M.: Dove ti portano?
A.: In una strana caserma, bassa, ad un piano, dove c’è un dottore che mi fa sedere su di una sedia e poi mi fanno un’iniezione…. Ma la droga non c’entra… era una scusa.
M.: Come fai a dirlo?
A.: Perché ci sono anche loro.
M.: Loro chi?
A.: C’è il dottore.
M.: Quello che ti ha fatto l’iniezione?
A.: No, il dottore: quello un poco più alto di quelli piccoli.
M.: Quanto sono piccoli?
A.: Un metro e venti e il dottore è più alto, circa uno e cinquanta, e parla col dottore, quello col camice bianco.
M.: Come sono fatti questi piccoli?
A.: Hanno quattro dita e sono grigi, con una grossa testa. Io li ho già visti altre volte.
M.: Quando?
A.: Quando sono venuti a prendermi, le altre volte…
M.: Ed ora cosa succede?
A.: Non so, mi sento strano…. Mi aiutano ad alzarmi e mi portano fuori, nel cortile, dove c’è un elicottero. Ci saliamo e loro mi portano via.
M.: Dove ti portano e quanto dura il volo?
A.: Non lo so dove mi portano… mi gira la testa…. Forse 45 minuti, ma non so.
M.: E poi che succede?
A.: Atterriamo e c’è una piccola costruzione, dove entriamo e ci sono dei cunicoli…. Si scende…
M.: Dove ti portano?
A.: C’è una stanza grande, con un grande pannello dove si vede tutto il mondo e ci sono
…. La NATO.
M.: la NATO?
A.: Sì, gli uomini con tante divise tutte diverse e ci sono anche loro, quelli piccoli, ed il dottore e quelli biondi, alti più di due metri.
M.: Ed ora cosa succede?
A.: Mi fanno sedere su una sedia, ma io non mi posso muovere… viene uno di quelli alti… ha una specie di padellino in mano e me lo mette sulla testa.., fa un rumore come se frizzasse e mi dice che sta controllando se l’operazione che mi hanno fatto l’ultima volta è andata bene.
M.: Cosa c’è davanti a te?
A.: Un tavolo con sopra delle fotocopie di giornali e tutti sembrano discutere animatamente sul contenuto degli articoli, che parlano di avvistamenti Ufo.
M.: Come fai a saperlo?
A.: Ci sono le fotografie.
M.: Riesci a leggere qualcosa?
A.: No… non so il francese… c’è una sigla, però, scritta grossa e puntata.
M.: Leggi la sigla.
A.: G. E. P. A. N.
M.: Sai cosa vuol dire?
A.: No!
A questo punto seguono altre dichiarazioni, che nulla hanno a che fare con l’oggetto di questo articolo e che non riporto per brevità. Il rapito viene, poi, ricondotto sull’elicottero, che lo riporta alla Jeep, la quale lo riaccompagna al campeggio, dove i militari gli ridanno i documenti. Il soggetto, in stato confusionale, va a dormire. Il compagno non è ancora tornato, ma tutta l’esperienza verrà sepolta e nascosta da quello che il ragazzo credeva fosse un sogno.
In questo primo racconto due sono le cose che mi preme mettere in evidenza, una delle quali è il fatto che nella base sotterranea ci sia la NATO e che il soggetto ricordi la sigla GEPAN (Gruppo di Studi sui Fenomeni Aerei Non conosciuti), che è una struttura
realmente esistita, quale antenata del SEPRA (Centro di Expertise per i Rientri Atmosferici) che ha sede a Tolosa e prende vita all’interno del CNES, il Centro Nazionale di Studi Spaziali più potente d’Europa. Il ragazzo, come molti ragazzi di oggi, non sa dell’esistenza del GEPAN, in quanto sono ormai molti anni che questo centro è stato eliminato, ed il fatto che egli abbia letto di qualcosa realmente esistente in quegli anni mi fa pensare che l’abbia veramente memorizzata, a livello inconscio, durante l’esperienza di rapimento.

Caso B.
La vicenda ricostruita si svolge molti anni fa ed il ragazzo B. ha anche lui diciassette anni.
B.: Sono venuti a prendermi… sono a letto… (omissis) sono piccoli e grigi ed hanno quattro dita. Sono con loro su una macchina volante… (omissis). Il viaggio dura poco: non so dire quanto.
I.: Ed ora dove sei?
B.: Sono fuori… ci sono due uomini, vestiti di nero… hanno anche gli occhiali neri… è notte e fa freddo e mi fanno salire su una macchina di quelle grandi, tipo fuoristrada, ed io non sto bene… mi viene da vomitare. I due si mettono alla guida e si dicono
qualcosa, ma non parlano italiano.
I.: Che lingua parlano?
B.: Mah, non so, forse… mi sembra francese, però potrei sbagliarmi.
I.: Dove ti portano? Riconosci la strada?
B.: No, è buio ed il viaggio dura poco, il furgone abbandona ad un certo punto la strada ed entriamo in una strada sterrata, attraverso un recinto con la rete… ma sembra tutto
abbandonato.
I.: Descrivi quello che vedi.
B.: C’è un capannone in lontananza, con una porta lievemente illuminata… c’è una targa dove c’è scritto qualcosa, ma è troppo lontano: non vedo… fa freddo e c’è vento forte. (omissis) c’è come un aeroporto abbandonato; cammino sul cemento, all’aperto, verso l’entrata di una grotta (omissis). Fuori ci sono delle torri eoliche.
I.: Puoi leggere la targa della macchina che ti ha accompagnato?
B.: Sì, è una targa gialla con le scritte in nero… c’è un numero, poi tre lettere ed un altro numero … 27 MAR 48 (Il numero ventisette corrisponde al territorio di Tolosa, dove esiste una cittadina che si chiama Marchiaci, mentre il numero progressivo della targa
è 48, nda.)
Il soggetto entra, poi, in una base sotterranea dove vede esseri umani vestiti di nero, vede i soliti Grigi ed esseri alti e biondi; la storia, ancora una volta, si ripete.
Da una analisi delle ultime informazioni fornite da questo addotto ero in grado di affermare che, nella zona di Tolosa, quella più a sud della regione, esistevano diverse installazioni di torri eoliche, perché la carta dei venti d’Europa ci segnalava quella regione come
caratterizzata dai venti molto forti.
Inoltre il colore delle targhe, in tale regione, allora era proprio giallo con scritte nere.
Un’analisi dei dati sulle costruzioni di torri eoliche diceva che la Francia, insieme all’Inghilterra, stava applicando questi sistemi di produzione di energia alternativa non inquinante e che c’erano torri eoliche in grado, da sole, di sviluppare tanti di quei megawatt da tenere accese le luci di una intera piccola cittadina (per esempio esisteva il modello WEG LS-1, installato a Burgar Hill in Scozia, che sfornava 30 megawatt con una sola elica).
Il soggetto vede proprio tre di queste torri eoliche, che in Francia, guarda caso, sono poste nella regione di Tolosa, dove, per l’appunto, l’Università ed il CNES stanno studiando proprio questo tipo di generatori.
mappa.jpgMa non finisce qui. Infatti, nelle zone segnalate come possibili punti dove esisterebbe questa fantomatica base francese, si sarebbero verificati numerosi avvistamenti di Ufo, soprattutto nel 1954.
I dati in mio possesso farebbero collocare questa installazione sotterranea francese in un triangolo compreso tra Tolosa, Perpignan e Besier, non distante dall’autostrada Carcassonne-Tolosa e, con un po’ di presunzione, all’altezza di Villefrance de Lauragais.
Come se non bastasse, qualche tempo fa un’addotta che controllo da diversi anni un giorno ha deciso di andare in Francia, a Tolosa, per cercare qualcosa dettatale dall’inconscio. Strane vicende le sono, però, capitate. In Francia le è stata sequestrata l’auto ed, al ritorno a casa, ha trovato tutta la sua abitazione a soqquadro. Stiamo indagando su quest’ennesima vicenda, in cui la Francia gioca le sue carte e noi le nostre.
Sul terzo numero della rivista Hicarus, di Stefano Salvatici, troverete il seguito di questa storia.

Articolo scritto da Corrado Malanga

Fonte gruppo Stargate Toscana.

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