Sono passati più di 43 anni dal ritrovamento dei giganti di Mont’e Prama. In una collina vicino Cabras (Or) vennero ritrovati un gruppo di statue di arenaria alte circa 2,5 metri raffiguranti dei pugilatori. Un unicum nell’archeologia sarda che pure è rimasto sepolto nei magazzini di un museo per più di 30 anni.
Ora che è stato tolto il velo, i giganti si rivelano come una delle scoperte più straordinarie che potrebbero riscrivere la storia del Mediterraneo: sono datate infatti tra il IX e l’VIII sec. A. C, prima della statuaria greco-micenea e solo immediatamente posteriori a quella egizia.
Ciò che gli archeologi rinvennero nei primi scavi del 1974 furono dei frammenti di arenaria e una sola testa di statua. Il paziente lavoro di restauro che ne segui, rivelò al mondo la straordinarietà di questi Kolossi (come li chiamava Giovanni Lilliu tra i più grandi studiosi della Sardegna nuragica).
Solo negli ultimi anni i giganti hanno fatto capolino con la loro uscita dai magazzini verso il museo archeologico di Cagliari e il piccolo museo civico di Cabras. Intanto sono stati finanziati altri scavi che per la prima volta hanno portato alla luce statue intere. Ad oggi l’area scavata è di soli 194 metri ha è già ha portato alla luce centinaia di misteri.
L’enigma dei Giganti
Ma chi sono, o meglio chi erano i Giganti di Mont’e Prama? Non esistono al momento risposte univoche a questa domanda.
Le statue ricostruite mostrano pugilatori, arcieri e lottatori. Il sito di rinvenimento sembrerebbe essere stata una necropoli. Ragion per cui molti studiosi ritengono che i giganti fossero stati i guardiani di quel (o di quei) sepolcro.
Queste sculture a tuttotondo sorprendono intanto per le dimensioni (finora si pensava che la civiltà nuragica non avesse sviluppato una statuaria a parte quella dei bronzetti) e poi per i loro occhi. Gli occhi dei giganti sono una vertigine tanto che c’è chi li ha descritti come degli astronauti,chi come degli eroi divinizzati. I più recenti ritrovamenti hanno portato alla luce una statua i cui paramenti ricordano molto da vicino quelli di un bronzetto nuragico rinvenuto però nella necropoli etrusca di Vulci nel Lazio, quello del cosiddetto “sacerdote-pugilatore“. Beh, se pensiamo che i bronzetti sono di età certamente più antica rispetto alle statue il mistero si infittisce e, non so voi, ma per me è davvero avvincente: chi era quel sacerdote-pugilatore la cui memoria si tramandava tra le popolazioni nuragiche delle varie epoche storiche?
La Penisola del Sinis
Da sempre crocevia del Mediterraneo, questa parte di Sardegna collocata in posizione strategica sulla rotta per le Baleari ha conservato testimonianze di dominazioni e popoli venuti da lontano. Abitata da millenni, quest’area al centro della quale sorge un vulcano oggi spento – il monte Arci – ricca di ossidiana, potrebbe aver avuto una connotazione sacra già in epoca nuragica. È certo che le dominazioni successive distrussero molte tracce della cultura locale eppure il Sinis continua a dischiudere tesori antichi.
Senza dimenticare le preziose testimonianze del passaggio fenicio in Sardegna, qui si trova infatti Tharros, prima avamposto fenicio e successivamente romano, una delle città meglio conservate del suo tempo. Il piccolo museo di Cabras che a partire dal 2013 ospita alcuni dei giganti di Mont’e Prama è ricco di sorprese. Tanto intensi sono stati in questi luoghi i traffici e i segni di popolazioni e civiltà lontane. Il mare ha restituito al museo centinaia di preziosissimi reperti che testimoniano usi, costumi e cultura delle civiltà che di questa splendida baia nella costa occidentale dell’isola fecero la loro casa.
Non solo turismo culturale
Una visita alla Penisola del Sinis è davvero molto di più che una passeggiata archeologica. Tra Oristano e San Giovanni in Sinis, passando da Cabras si trovano spiagge come Is arutas, la spiaggia di quarzo dalla bellezza accecante. L’area si caratterizza inoltre per la grande biodiversità ed è un vero paradiso per chi ama la natura, il cicloturismo e il bird-watching.
A San Giovanni in Sinis si trova inoltre una delle chiese più antiche della Sardegna (proto-romanica) e l’intera costa è punteggiata da nuraghes e torri d’avvistamento spagnole. Per chi ama scoprire le tradizioni, basti dire che la grande vocazione marinara di questo territorio fa si che qui si tenga ogni anno la corsa degli scalzi, ricordo della vita dura dei pescatori, la cui eredità rimane nelle case basse arse dal sole.