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5 agosto 2012 7 05 /08 /agosto /2012 07:44

  • I batteri alieni all'arsenico erano davvero una bufala

    I batteri alieni all'arsenico erano davvero una bufala

     

 Qualche tempo fa, la notizia aveva destato stupore e curiosità, di essere a conoscenza una nuova forma di vita, nello specifico un batterio, che al posto di un mattoncino fondamentale del dna, il fosforo, usava un altro elemento. Per di più letale per quasi tutti gli altri organismi: l'arsenico. L'annuncio era stato dato nel 2010 e aveva suscitato da subito molto clamore. I giornali avevano rotto l'embargo sullo studio in pubblicazione su Science (niente meno) e gridato agli alieni sulla Terra. Così, in effetti, la notizia era stata venduta dalla Nasa, tra gli enti coinvolti nella ricerca. Insieme alla grande eco, però, erano arrivate anche le critiche: a meno di un mese dalla conferenza stampa che parlava di uno stravolgimento nelle nostre conoscenze sulla vita e di nuove frontiere per l'astrobiologia, gli scienziati avevano cominciato a fare le pulci al paper, trovando delle lacune. E già si parlava di una bufala.

Felisa Wolfe-Simon, principale autrice dello studio sotto inchiesta, aveva allora pubblicato una sorta di Faq in cui spiegava la sua ricerca, e aveva infine smesso di rispondere alla domande dei giornalisti e dei colleghi, preferendo affidarsi alla peer review: ha reso pubblico il suo studio per un mese, in modo che tutti potessero prenderne visione, e ha rilasciato una lunga intervista a Science.


Il tempo ha dato ragione agli scettici: ieri, a un anno e mezzo dall'annuncio-rivelazione, sempre Science ha dato la smentita dei primi risultati, presentando due nuove ricerche che dimostrano come GFAJ-1 (così è chiamato il nuovo batterio trovato in California, nei sedimenti del Mono Lake) non viva grazie all'arsenico, ma nonostante lo stesso, e come non possa fare a meno del fosforo, per quanto in piccole quantità.

Uno dei paper è dell'ETH Zurich, in Svizzera, l'altro è firmato da Rosie Redfield dell'Università della British Columbia di Vancouver (Canada), tra i primi scienziati che hanno voluto scavare a fondo nei dati di Wolfe-Simon. All'inizio di quest'anno, Redfield ha tentato di ripetere gli esperimenti condotti dalla sua collega della Nasa, e aveva dichiarato di non essere riuscita a ottenere gli stessi risultati. Aveva reso pubblico il tutto su ArXiv fin da subito.

Per i due team, il batterio si è dimostrato in grado di crescere effettivamente in un ambiente ricco di arsenico e molto povero di fosforo, ma non di sostituire (neanche in parte) il secondo elemento con il primo nel suo dna. L'arsenico trovato nei campioni della Nasa sarebbe quindi dovuto a una contaminazione.

Per Redfield la questione si chiude qui. Rispondendo alle domande del giornalista scientifico Alan Boyle di MSNBC.com, la ricercatrice non si è detta particolarmente interessata all'argomento in sé, ma considera la vicenda come un caso di studio di open science.

Wolfe-Simon, invece, non si arrende: riconosce che gli esperimenti dei suoi detrattori non hanno trovato arsenico nelle cellule di GFAJ-1, ma sottolinea che questi test sono stati condotti in modo diverso dai suoi. “Il nostro lavoro originale e i nostri dati – scrive – sono stati sottoposti a severi scrutini, come richiesto in caso di scoperte inattese ed eclatanti. Stiamo proseguendo i nostri studi e sapremo dire qualcosa di più nei prossimi mesi”.

Ed ecco la posizione ufficiale di Science: “Il processo scientifico è per sua natura in grado di auto-correggersi, visto che gli scienziati cercano di replicare i risultati pubblicati. Science ha il piacere di pubblicare informazioni aggiuntive su GFAJ-1, un organismo straordinariamente resistente che può essere importante per ulteriori studi legati al meccanismo di resistenza all'arsenico”.

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