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21 maggio 2014 3 21 /05 /maggio /2014 22:09

 Circa 4 anni fa, si leggeva aul clima:

Nel mitico sito di A.Watts, anni fa era apparso un  incredibile articolo di David Archibald, uno dei primi studiosi solari ad aver creduto che questo minimo solare era davvero qualcosa di importante!
 
Gli Dei puniscono l’arroganza eccessiva, ma Antonio mi ha chiesto di intervenire per commentare la nuova previsione del Dr.Hathaway sul ciclo 24, ed io non ho potuto rifiutare…
Il numero è ancora sbagliato
Ora il massimo per Hathaway è di 64. Ma probabilmente la migliore stima è di 48, come durante i minimi 5 e 6 (Minimo di Dalton). Abbiamo ancora 4 anni circa prima del massimo, quindi c’è tempo affinchè l’attività solare cresca, come si vede anche dal flusso solare che è a 75, indicando una linea molto piatta di crescita.
La forma è sbagliata
I cicli deboli sono simmetrici. E questo, essendo un ciclo debole, avrà un declino che sarà lungo come la fase di ascesa. Il Dr. Hathaway pensa che la transizione tra ciclo 24 e 25 sia nel 2020, invece sarà nel 2022.
L’anno del massimo è sbagliato
Per il Dr.Hathaway il massimo sarà nel 2013. Ma esso sarà nel 2015 come preanunciato dall’intensità della corona verde del sole, quindi a metà strada del ciclo solare di 12 anni partito a dicembre 2008.
Sulla base del tasso che il Dr.Hathaway si sta pian piano avvicinando alla previsione finale corretta, stimiamo che finalmente egli la inquadrerà con precisione nel 2012!
Infine vorrei fare una previsione basata sul pensiero diuno studio di qualcuno che è ancora rimasto inedito, e cioè che NON VI SARA’ UN INVERSIONE DEI POLI MAGNETICI DURANTE IL PROSSIMO MASSIMO SOLARE! ( che tradotto, significa, Maunder like minimum!)

Col senno di poi, il cico 24 sarebbe dovuto esser stato previsto già alcuni decenni fa, in quello che noi conosciamo come  ciclo di Vries. Quest’ultimo è un ciclo di 210 anni, e l’ultimo fu nel 1798, quando iniziò il minimo di Dalton. E questo ciclo è iniziato prorpio 210 anni esatti. Negli ultimi 2000 anni, l’unica volta che il ciclo di Vries saltò, era durante il periodo caldo medievale. Quindi c’è una correlazione del 90%!
Poi Archibald parla della teoria di Svensmark sul rapporto della crescita dei neutroni e della copertura nuvolosa, proponendoci questo eloquente grafico:
E da qui prende spunto per parlare senza mezzi termini del Global Cooling che ci attende…secondo Archibald infatti, che cita anche i lavori sulla Drias recente di Brauer et al :
ci attendono 21 inverni via via sempre più freddi per l’emisfero nord, ed afferma: ” 3 ci sono già stati, quindi ne rimangono 18, al termine dei quali, il clima shifetrà verso un irreversibile cabiamento votato al gelo, e tutto questo, accadrà entro pochissimo tempo (un anno). Come dicono anche Brauer e coll., fondamentale sarà il feedback negativo a causa del ghiaccio marino…”
Io non so se Archibald ci beccherà o meno, al momento posso solo dire che anni fa quando ancora la Nasa prevedeva che il ciclo 24 sarebbe stato il più forte della storia, lui già diceva che invece sarebbe stato molto debole. Oggi, che il tempo gli sta dando sicuramente ragione, osa spingersi oltre, molto oltre…non so se avete capito, ma il ricercatore parla proprio di una prolungata fase di quiescenza solare (Maunder?) a cui potrebbe seguire non solo una “semplice” peg, ma addirittura una nuova Drias recente!

Se il clima è animato da un costante mutamento, ciò avviene come risposta a varie cause oscillanti, alcune delle quali di carattere planetario o regionale (le eruzioni vulcaniche, le variazioni della copertura vegetale), altre dovute all’azione diretta dell’uomo sull’atmosfera (i molteplici inquinamenti causati dalle nostre attività).

Non va trascurato, inoltre, che secondo autorevoli astronomi britannici il sole in un ciclo di 11 anni passa da un aspetto senza macchie a uno maculato, con macchie scure. Nel XVII secolo il periodo del gelo del Tamigi coincise di fatto con la totale assenza di macchie solari, una conferma questa della teoria che attribuisce ai periodi di debole attività del Sole, quindi con meno macchie, una Terra più fredda.

Altre variazioni cicliche di lunga durata sono imputabili ad alcuni movimenti della Terra nello spazio, al punto di dar luogo nel loro insieme, a sensibili variazioni della radiazione solare incidente sulla Terra e di conseguenza anche a vere e proprie anomalie climatiche.

Nel presente articolo intendo occuparmi particolarmente dell’influenza sul clima causato dai grandi moti oceanici, con riferimento alla “Corrente del Golfo”.

E’ noto, da tempo, che le grandi correnti marine rappresentano un fattore essenziale della distribuzione del calore e di umidità su tutta la superficie terrestre, e che gli oceani, nel loro complesso, trasportano oltre metà del flusso globale di calore dall’equatore ai poli; essi, dunque, hanno un ruolo importante come fattori climatici.

Ne consegue che le variazioni della loro energia interna rappresentano delle cause altrettanto importanti dei mutamenti periodici o aperiodici del clima.

È vero, peraltro, che spetta alle correnti della bassa troposfera, come gli “alisei” (vedi Nota a fine articolo), fornire l’impulso ai grandi fiumi oceanici.

A parte la loro insostituibile funzione a scala globale, gli oceani hanno un influenza importante sul clima anche su particolari spazi, naturalmente di grande estensione: sono note, a tale riguardo, le condizioni molto favorevoli di cui godono tutte le coste atlantiche dell’Europa.

Quindi è opportuno prendere le mosse dalla famosa “Corrente del Golfo” (in inglese “Gulf Stream”), una corrente calda che sposta ben 74 milioni di metri cubi d’acqua al secondo alla velocità di 1 m/s. La Corrente del Golfo nasce nel Golfo del Messico dove grandi masse d’acqua vengono surriscaldate dall’azione dei raggi solari e poi tendono a risalire verso Nord deviate dalla rotazione terrestre. L’impronta di tale corrente oceanica è addirittura visibile fino a 11 Km di altitudine e coinvolge tutta la troposfera, dove innesca fenomeni atmosferici in grado di alterare il clima globale.

Parte della Corrente del Golfo arriva a lambire le coste dell’Inghilterra, Irlanda, Norvegia, Islanda, riuscendo addirittura a superare Capo Nord, toccare la penisola di Kola e, più attenuata, anche il mare di Barents (per intenderci siamo al di là del circolo polare artico!). La corrente, spostandosi verso Nord, cede il suo calore diventando sempre più fredda e salata, per poi invertire il suo percorso e tornare indietro, senza cedere, però, il freddo accumulato.

Con maggior impegno esplicativo. All’ “andata”, essendo più calda e più leggera, la Corrente del Golfo è presente nell’immediata superficie del mare, può cedere il suo calore all’aria circostante e riscaldare di conseguenza anche le terre vicine. Al ritorno, invece, essendo molto più fredda e salata, è di fatto molto più “pesante” e resta al di sotto delle acque superficiali, senza riuscire a raffreddare le zone che aveva precedentemente riscaldato.

Grazie a questo procedimento chimico-fisico, regioni a latitudini elevatissime hanno un clima incredibilmente mite rispetto alle aree geografiche del Nord America o asiatiche poste alla stessa latitudine.

La Corrente del Golfo, inoltre, ha anche effetti che potremmo definire “riflessi”. Infatti, limitando l’espansione dei ghiacci e del freddo, senza abbondanti precipitazioni nevose sull’Europa nord orientale, fa sì che l’ “Effetto Albedo”, a causa delle esigue nevicate, sia limitatissimo e che il fronte polare sia molto più alto rispetto ad altre zone del Mondo. Ad esempio il clima della Polonia, Germania, Boemia, Repubblica Ceca, Slovacchia è molto meno freddo di altre zone alla stessa latitudine e alla stessa distanza dal mare, come possono essere il Canada o il bassopiano Sarmatico orientale.

La sopravvivenza della corrente del Golfo è legata a un equilibrio di salinità del mare, nel senso che se la salinità scende oltre un certo livello allora la Corrente del Golfo potrebbe attenuarsi o addirittura bloccarsi.

A tale proposito numerosi studiosi della storia del clima hanno, dopo attenti studi, affermato che la serie di inverni rigidissimi che investirono l’Europa nel medioevo, fu causata da un blocco della Corrente del Golfo dovuto a un pregresso riscaldamento climatico (molto probabilmente per una più intensa attività solare) che fece sciogliere grandi quantità di ghiacci presenti nella Groenlandia, che, alterando in tal modo quel delicatissimo equilibrio di salinità, avrebbe provocato un suo “inceppamento”.

Da varie documentazioni storiche, infatti, si evince che nel periodo compreso tra il 1000 e il 1200 regnò quello che è noto come “optimum climatico medioevale”, caratterizzato da temperature che toccarono il loro apice di caldo. I ghiacciai si ridussero al minimo o addirittura scomparvero e i passi alpini erano senza neve; inoltre, la presenza di alcuni villaggi costruiti ad alta quota e distrutti successivamente dall’avanzata glaciale, testimoniano un clima decisamente mite.

Ed altre notizie come la presenza frequente di aurore boreali a latitudini mediterranee (che fanno pensare a un’attività solare marcata), la colonizzazione della Groenlandia da parte dei Vichinghi, la coltivazione della vite in Inghilterra fin quasi alla latitudine della Scozia, fanno pensare ad un clima decisamente caldo, in particolare durante il periodo estivo.

Ma improvvisamente, tra il 1197 e il 1203, per 7 anni consecutivi, il ghiaccio circondò l’Islanda, e nell’ultimo anno addirittura nei mesi di Luglio ed Agosto.

Il clima subì un forte raffreddamento su tutto il Continente Europeo e iniziò un periodo freddo di lunga durata che portò alla progressiva scomparsa della coltura della vite in Inghilterra, una serie di inverni rigidissimi (nel 1205 gelò il Tamigi a Londra, nel 1216 gelò il Pò) e l’avanzata dei ghiacciai Alpini a livelli molto maggiori degli attuali (tra il 1220 e il 1350).

Un cambiamento del genere fa nascere il sospetto, secondo una consistente scuola di pensiero climatologica, che alla base vi fosse un calo improvviso e generalizzato delle temperature delle acque nord-atlantiche, dovuto, molto probabilmente, a una sensibile attenuazione della Corrente del Golfo.

Quali sono le prospettive future? Difficile dirlo con certezza, ma il Prof. Robert Gagosian, direttore del “Woods Hole Oceanographic Institution” nel Massachusetts, ha teorizzato che con il riscaldamento globale esiste un concreto pericolo che la Corrente del Golfo diminuisca la sua intensità a causa delle quantità sempre maggiori di acqua dolce, dovute allo scioglimento dei ghiacci, che si riversano nell’Oceano Atlantico.

Si avverte che uno “spegnimento” improvviso della Corrente del Golfo potrebbe portare nell’arco di soli 10 anni, gran parte dell’Emisfero Settentrionale, a confrontarsi con inverni rigidissimi.

L’Europa sarebbe la regione più colpita dagli effetti del raffreddamento climatico, subendo un calo di 3,5°C della temperatura media.

Gran Bretagna e Irlanda verrebbero interessate da un clima quasi paragonabile a quello che attualmente si ha in Islanda, mentre l’Islanda stessa diventerebbe una succursale del Polo Nord, praticamente inabitabile, se non per le missioni scientifiche come accade in Antartide.

Il Mediterraneo sicuramente risentirebbe in misura minore degli effetti di questo fenomeno, ma abbonderebbero comunque i periodi freddi con incursioni gelide per opera di correnti siberiane o polari; il mare, poi, genererebbe quei contrasti termici e quel contributo umido in grado di alimentare depressioni locali che, alimentate dall’aria fredda, produrrebbero, molto probabilmente, frequenti e abbondanti nevicate. La neve al suolo per lungo tempo diventerebbe la norma negli inverni di molte regioni europee ed anche italiane.

Ma quanto è realistico questo scenario? I dati a disposizione del “Woods Hole Oceanographic Institution”, indicano importanti cambiamenti di salinità dal 1960. L’aumento della quantità di acque fresche che affluiscono nell’Atlantico Settentrionale, già in atto da diverso tempo, sta attualmente diluendo le acque superficiali di questa importante porzione di oceano, che, solcato dall’acqua della Corrente del Golfo, ne sta alterando la concentrazione salina, rischiando in tal modo di inceppare il meccanismo di affondamento. Questa tuttavia è solo una delle teorie sul cambiamento climatico (seppure molto accreditata) che, in aggiunta alla mancanza di dati sufficienti e convincenti e di una “teoria unificatrice” capace di tenere conto di numerosi fattori di influenza, per il momento non consente ai climatologi di dare una risposta precisa sul clima che ci aspetta nei prossimi decenni.

 

 

Fonte: http://daltonsminima.altervista.org/?p=11877

 

http://www.meteomatera.it/index.php?option=com_content&view=article&id=278:linverno-nord-americano-tra-qsnow-beltq-e-qnoreasterq&catid=54:approfondimenti&Itemid=137

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