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8 febbraio 2012 3 08 /02 /febbraio /2012 11:55

Nelle caverne subacquee dette blue holes vivono batteri che potrebbero somigliare a forme di vita extraterrestri

 

http://www.nationalgeographic.it/images/2012/02/03/140059632-d8e35ebe-54bf-46f6-99d5-5ae7dff294a4.jpg

Batteri finora sconosciuti che si alimentano di composti di zolfo, tossici per gran parte delle forme di vita sulla Terra. Alcuni ricercatori li hanno trovati esplorando i blue holes, le cavità sommerse tipiche delle isole Bahamas, ma potrebbero essere simili a forme di vita forse presenti a milioni di chilometri di distanza, negli oceani che si estendono sotto le calotte di ghiaccio che coprono le lune di altri pianeti, come Europa, satellite di Giove, o Encelado, che orbita intorno a Saturno.

"Quando sento parlare di ecosistemi a base zolfo e di microrganismi che sopravvivono in ambienti estremi, mi si drizzano sempre le orecchie", spiega Kevin Hand, astrobiologo e vicedirettore del programma della NASA per l'esplorazione del Sistema Solare, nonché esploratore emergente di National Geographic. "Solo studiando le forme di vita estreme della Terra possiamo comprendere se esistano ambienti abitabili al di fuori del nostro pianeta".

Cosa sono i "buchi blu"
I blue holes si sono formati durante le antiche glaciazioni, quando le acque degli oceani si erano ritirate e il livello medio era circa 120 metri più basso di adesso. L'azione dell'acqua piovana scavò delle caverne nella roccia calcarea lungo le coste; poi, con il riscaldamento del pianeta e la risalita dei mari, le grotte si riempirono di acqua salata. Il blue hole più profondo - Dean's Hole, nelle Bahamas - si inabissa per 200 metri, ma in media la profondità si aggira intorno ai 100 metri.

Oggi i blue holes sono bui cunicoli dove l'ossigeno è scarso e la luce solare riesce a illuminare solo molto vicino alla superficie. Spesso sull'acqua marina, salata, si deposita uno strato di acqua dolce, più fresca, che quasi mai si mescola con l'altra. Tutto ciò fa sì che i blue holes restino perlopiù isolati dalle forme di vita - e dalle fonti di cibo - che popolano gli altri ecosistemi oceanici.

Guarda la fotogalleria dei blue holes

Eppure queste profondità inospitali riescono a sostentare ricchi ecosistemi, dove prosperano specie di gamberi, acari, copepodi e altri crostacei.

«Il problema è: cosa mangiano queste creature?», si chiede Tom Iliffe, il biologo marino che ha guidato l'ultima spedizione alle Bahamas. «Lì sotto non ci sono piante. Quindi la risposta è: si nutrono di microrganismi. Esistono batteri e altre forme di vita minuscole, e questi al vertice della catena alimentare se ne nutrono».

Assieme a Brett Gonzalez, uno studente di dottorato, Iliffe si è calato in tre blue holes delle Bahamas: Sawmill Cherokee Road Extension e Sanctuary Blue Hole. A intervalli regolari di profondità i due hanno preso nota di temperatura, salinità e acidità dell'acqua, nonché dei livelli di ossigeno e acido solfidrico. Inoltre, hanno raccolto colonie di microbi riportandoli in superficie.

"In uno dei blue holes c'erano 'tappetini' di microrganismi che coprivano completamente le pareti", spiega Iliffe. "Erano spessi un paio di centimetri o più: li si poteva staccare semplicemente, con un dito, e metterli nei contenitori per i campioni".

Prossima fermata: gli oceani di Europa?
Molti dei batteri riportati in superficie da Iliffe e Gonzalez erano ignoti alla scienza. Ma le analisi genetiche condotte assieme a Jenn Macalady della Pennsylvania State University hanno individuato specie riconoscibili di batteri capaci di sopravvivere in condizioni di scarsa illuminazione, e altri che si alimentano esclusivamente di acido solfidrico. Gran parte dei batteri dei blue holes, inoltre, prosperavano vicino all'aloclino, uno strato relativamente sottile in cui l'acqua dolce si mescola con quella salata.

Secondo Hand, è proprio il tipo di ambiente che potrebbe esistere sotto la calotta di ghiaccio che ricopre il satellite Europa. Nelle spaccature sulla sua superficie penetra materiale ricco di zolfo eruttato dai vulcani di Io, un satellite vicino. "Se c'è una cosa che sappiamo", dice lo studioso, "è che alla vita piace insediarsi sui confini, negli interstizi. È lì che la vita trova le energie per alimentarsi".

I ricercatori della NASA hanno proposto diverse missioni per esplorare Europa, con passaggi di navicelle, sonde orbitanti o anche lander in grado di posarsi sul satellite. Ma non è sicuro se la NASA troverà modo di finanziarne almeno una. Hand però è ottimista: "Con un po' di fortuna, faremo partire una di queste missioni intorno al 2020", in modo da comprendere meglio l'oceano che si estende sotto il ghiaccio che ricopre Europa e valutare la possibilità che ospiti forme di vita.

Iliffe, intanto, intende raccogliere campioni di batteri in decine di altri blue holes, confrontarli e studiare le loro strategie di sostentamento in ambienti così estremi.

 

Fonte nationalgeographic.it 

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