Si uscirà a 66 anni e tre mesi. Si potrà lavorare fino a 75. Il nodo degli esodati
Pensioni, da gennaio si cambia. Entra in vigore la riforma Fornero.
I REQUISITI - Per tutto il 2012 sono andati in pensione coloro che avevano maturato i requisiti nel 2011 (prima della riforma) ma che dovevano aspettare la cosiddetta «finestra mobile»: 12 mesi per i lavoratori dipendenti, 18 per gli autonomi. E quindi per questi ultimi il vecchio regime finirà a giugno prossimo. Poi, ancora per qualche anno, ci trascineremo gli «esodati», i lavoratori che, per evitare restino senza reddito, potranno andare in pensione con le vecchie regole (130 mila i soggetti salvaguardati finora dal governo, ma potrebbe essere necessario ampliare la platea).
PENSIONI, TUTTE LE NOVITA’:
LE NOVITA‘ – Col 2013, però, la riforma Fornero comincerà a prendere il largo, comprese quelle novità già introdotte sotto il governo Berlusconi, come l’adeguamento di tutte le età pensionabili alla speranza di vita. La conseguenza sarà un aumento incredibile dell’età necessaria per lasciare il lavoro, con effetti che finora sono stati trascurati ma che potrebbero creare problemi alle aziende e ai giovani in cerca di occupazione.
COMBINATO DISPOSTO – Il combinato disposto della riforma e degli adeguamenti alla speranza di vita fa sì che il lavoratore, dal 2013, possa scegliere di restare in attività fino a 70 anni e 3 mesi senza essere licenziato (70 anni nel 2012), cioè 4 anni in più della soglia normale di accesso alla pensione di vecchiaia. La legge prevede espressamente anche in questo caso la tutela dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (anche se poi è stato attenuato dalla legge 92 del 2012).
ALLUNGAMENTO DELLA VITA - Prima della riforma, invece, si poteva restare fino a 65 anni e dopo l’azienda poteva licenziare. Questo tetto salirà, per effetto degli adeguamenti automatici fino a 75 anni e 3 mesi nel 2065, applicando le stime contenute nell’ultimo rapporto della Ragioneria generale dello Stato sugli scatti in relazione alle previsioni di allungamento della vita elaborate dall’Istat. In pratica, un giovane che è nato nel 1990, cioè che ha 22 anni e cominciasse a lavorare adesso, potrebbe appunto restare in attività fino a 75 anni. Possibile? Forse si può immaginare per lavori di concetto (difficile per un manovale, un autista, un chirurgo). La riforma, comunque, incoraggia la permanenza al lavoro prevedendo un coefficiente di calcolo della pensione più alto per chi lascia a 70 anni (prima i coefficienti si fermavano a 65), senza considerare che accumulando più contributi l’assegno sale, visto che dal 2012 è scattato il contributivo pro-rata per tutti.
SALITA PROGRESSIVA - A mettere in moto l’ascesa senza fine dell’aumento di tutte le età pensionabili è la regola dell’adeguamento alla speranza di vita, inventata da Sacconi e Tremonti nel 2011 e poi accelerata da Fornero (dal 2019 ogni due anni e non più ogni tre). Così, dal prossimo gennaio scatterà la prima di queste correzioni, che allontanerà per tutti di tre mesi il traguardo. Per andare in pensione di vecchiaia ci vorranno come minimo 66 anni e 3 mesi per i dipendenti pubblici e privati e per gli autonomi (contro i 66 anni del 2012). Stessa cosa per le dipendenti pubbliche.
DIPENDENTI PRIVATE IN VANTAGGIO FINO AL 2018 - Potranno invece lasciare il lavoro a 62 anni e tre mesi le dipendenti privati: un vantaggio che si esaurirà nel 2018, quando il limite minimo sarà, per tutti i lavoratori, di 66 anni e 7 mesi. Da gennaio salirà anche la soglia per accedere alla pensione d’anzianità, che la riforma ribattezza «anticipata»: 42 anni e 5 mesi per gli uomini e 41 anni e 5 mesi per le donne. E se uno uscirà prima di aver raggiunto 62 anni d’età subirà pure un taglio dell’assegno: dell’1% per ogni anno fino ai primi due, poi del 2%. Salirà di tre mesi, infine, il tetto per la pensione degli stakanovisti: da 70 anni nel 2012 a 70,3.
FLESSIBILITA’ – La stessa riforma prevede però una importante novità per chi ha cominciato a lavorare dopo il 1995 e sta quindi tutto nel regime contributivo, concedendo la possibilità di accedere alla pensione di vecchiaia con tre anni di anticipo: a 63 anni, che saliranno a 63 anni e tre mesi dal prossimo gennaio (che aumenteranno fino a 68,3 nel 2065). Quindi per i giovani di fatto c’è una fascia flessibile di pensionamento a scelta tra 63 e 70 anni, con l’assegno tutto calcolato sulla base dei contributi versati. Un sistema più equo e sostenibile.
Erano i salvatori del periodo di spalla, in grado di supportare il business in agenzia anche quando la liquidità (causa bassa stagione) iniziava a scarseggiare. Ora forse lo saranno ancora. Ma un po' meno.
A gennaio scatterà la nuova riforma delle pensioni voluta dal Governo Monti. Per gli adv italiani non si tratterà solo di ricalcolare i tempi che li separano dal meritato riposo. Il turismo, infatti, dovrà imparare a contare leggermente meno su un bacino di utenza che negli scorsi anni ha riservato più di qualche soddisfazione.
Basterebbe, in fondo, dare un'occhiata alle date di nascita dei documenti compilati in agenzia. Poi depennare tutte (o quasi tutte) le partenze in bassa stagione dei clienti over 70. Ciò che resta sarà, grosso modo, il giro d'affari sul quale le agenzie potranno contare dal prossimo anno.
Certo, la legge prevede la possibilità di uscita a 66 anni e 3 mesi. Ma dal 2013 sarà molto più facile restare al lavoro fino a 70 anni; e anche molto più conveniente, visti i nuovi calcoli dell'importo delle pensioni.
Ma non si tratta solo del fatturato andato perduto. Il vero 'tesoro' del target pensionati era la destagionalizzazione. Partenze fuori dalle resse di luglio e agosto, un po' di fatturato lontano dal periodo di picco (che alle casse delle adv non fa mai male), disponibilità a partenze di gruppo (magari quelle organizzate dalle agenzie stesse) indipendentemente dal giorno preciso di partenza e di arrivo.
Senza calcolare le crociere, che hanno contato proprio su questo segmento per riempire i loro giganti del mare anche fuori dai periodi di ferie comandati; e le navi, come è noto, pesano sui conti anche in bassissima stagione.
I pensionati, per anni, hanno garantito boccate di ossigeno alla distribuzione. Dall'anno prossimo, cioé tra meno di un mese, avranno meno soldi e meno tempo. Soprattutto, saranno numericamente di meno.
Si spera almeno che la tanto annunciata ripresa arrivi presto.