Con la serata in svolgimento, la trasmissione rimane una delle più seguite che rincorre il filo catastrofista delle profezie avverate e non avverate. Nonostante ci siano problemi con i collegamenti televisivi sui luoghi dove ci si dovrebbe salvare dalle catastrofi, rimane il sentore che di queste annunciate disgrazie planetarie, ci sia una larga beffa all' ingenuità della gente che segue delle notizie costuite su qualcosa di infondato.
Daniele Bossari, il veterano fra i presentatori di Mistero, si troverà nell’osservatorio astronomico di Brembate, vicino a Bergamo, per osservare cosa sta cambiando negli astri a poche ore dalla annunciata fine del mondo. A Brembate, inoltre, ci sarà anche un maxischermo fuori dall’osservatorio per guardare quella che potrebbe essere l’ultima puntata di Mistero. Quanto agli altri due inviati, Jane Alexander e Marco Berry, saranno dislocati in altre zone del mondo per spiegare meglio al pubblico di Italia 1 come e perché il mondo dovrebbe finire. Questa puntata speciale è stata annunciata già qualche mese fa durante una puntata dello show su Italia 1: lo scorso 21 giugno, i presentatori dello show avevano annunciato ai numerosi telespettatori e aficionados di Mistero che il 21 dicembre del 2012 avrebbero dedicato a questo evento una puntata speciale. Addirittura sul sito del programma televisivo era possibile acquistare un orologio che segnava il countdown per il fatidico (e forse) ultimo momento.
Se Bossari sarà a osservar le stelle in quel di Brambate, ancora non sappiamo chi fra Jane Alexander e Marco Berry volerà nella cittadina francese di Bugarach, il piccolo centro nella regione della Languedoc-Roussillon sarà risparmiato dal capovolgimento atmosferico che distruggerà il resto del pianeta e questo perché secondo alcune leggende si trova proprio in questo centro fra i Pirenei il mitico Sacro Graal. O chi di loro verrà inviato a Siringe, una città greca che dovrebbe anch’essa riuscire a sopravvivere alla distruzione. Il resto delle anticipazioni della puntata speciale è ancora un Mistero, ma intanto più temerari possono brindare al 21 dicembre del 2012.
Si nomina anche il vulcano più grande dell' Europa sottomarino e della sua pericolosita:
Il vulcano Marsili, con i suoi tremila metri d’altezza, domina il fondale marino del Mar Tirreno a 450 metri sotto il livello del mare, a soli 150 km dalle coste della Calabria. Con 2100 mq di estensioni si può considerare uno dei vulcani più grandi d’Europa.
La pericolosità del vulcano Marsili è stata evidenziata più volte, anche da Enzo Boschi, presidente dell’INGV, che solo qualche settimana fa ha dichiarato: “Il vulcano non è strutturalmente solido. Potrebbe entrare in eruzione in qualsiasi momento”.
In molti hanno collegato lo sciame sismico che sta colpendo negli ultimi mesi la Calabria con la presenza del vulcano Marsili. Collegamento però smentito dslla Dott.ssa Lucia Marsili:
“Si trattava del normale decorso della tettonica a placche che in quell’area si esplica con la placca ionica che, in collisione con la placca africana, va ad immergersi sotto la Calabria e sprofonda verso nord-ovest al di sotto del bacino tirrenico. Sappiamo che la Calabria si muove in senso opposto all’Africa di 3,5 mm all’anno. La zona di subduzione della crosta terrestre, che correva un tempo lungo tutto l’Appennino, oggi è limitata a 200 km sotto la Calabria”.
Nell’area di Marsili, tra Sicilia e Calabria, ci sono stati ben 23 tsunami nei secoli. Ecco perché la prevenzione in questi casi è fondamentale. . Per il Marsili, infatti, non esiste nemmeno una struttura di monitoraggio che permetta di verificare in tempo reale i movimenti del vulcano.
Il vulcano Marsili, con i suoi tremila metri d’altezza, domina il fondale marino del Mar Tirreno a 450 metri sotto il livello del mare, a soli 150 km dalle coste della Calabria. Con 2100 mq di estensioni si può considerare uno dei vulcani più grandi d’Europa.
La pericolosità del vulcano Marsili è stata evidenziata più volte, anche da Enzo Boschi, presidente dell’INGV, che solo qualche settimana fa ha dichiarato: “Il vulcano non è strutturalmente solido. Potrebbe entrare in eruzione in qualsiasi momento”.
In molti hanno collegato lo sciame sismico che sta colpendo negli ultimi mesi la Calabria con la presenza del vulcano Marsili. Collegamento però smentito dslla Dott.ssa Lucia Marsili:
“Si trattava del normale decorso della tettonica a placche che in quell’area si esplica con la placca ionica che, in collisione con la placca africana, va ad immergersi sotto la Calabria e sprofonda verso nord-ovest al di sotto del bacino tirrenico. Sappiamo che la Calabria si muove in senso opposto all’Africa di 3,5 mm all’anno. La zona di subduzione della crosta terrestre, che correva un tempo lungo tutto l’Appennino, oggi è limitata a 200 km sotto la Calabria”.
Le iscrizioni e il calendario Maya non indicano mai, mai, una fine del mondo. Il 21 dicembre 2012 finisce soltanto un ciclo del calendario. Ciclo a cui seguirà un altro ciclo. Nikolai Grube, dell’università di Bonn, ha così spiegato la sua teoria sul calendario Maya al National Geographic:
“Il calendario che parte dal 1° agosto del 3114 a.C. conta tutte le giornate Maya basandosi su una scansione in 394 cicli triennali, utilizzando il numero sacro 13″.
Il 21 dicembre 2012 per i Maya, come abbiamo già detto, è solo la fine di un ciclo e a conferma di questo anche un’iscrizione su un blocco di massi in Gautemala, iscrizione che, come spiega lo Spiegel, parla solo di un grande diluvio. Nelle ultime ore è scesa in campo anche la NASA: “Non esistono né evidenze scientifiche né prove. Niente di niente. Parliamo di suggestioni e teorie pubblicate nei libri ed illustrate nei film. Tutta finzione alimentata da teorie su internet.
Risponde Daniele Tripaldi, ricercatore del Dipartimento di filologia classica e italianistica dell’Università di Bologna.
«Credo che questa nuova ansia di “apocalisse” ben si spieghi sulla base del percepirsi in un fase di crisi sociale e culturale che investe la loro stessa identità da parte, come in passato, di movimenti, gruppi o individui. La crisi economica e ambientale, le emergenze alimentari e i conflitti, le nuove forme di imperialismo e la crescente complessità etnica e culturale delle società occidentali, sentita come minaccia alle proprie radici, alla propria identità originaria, alimentano il senso di un supposto sfacelo dell’umanità e per converso l’aspirazione a, se non la certezza di, un rinnovamento cosmico che la liberi da ogni suo male. Nello specifico caso, si aggiungano le interpretazioni più che discutibili dei cicli del calendario Maya, ed ecco emergere il nuovo calendario della fine, né il primo né forse nemmeno l’ultimo della storia.
Certo che si tratta quindi di “ammodernamenti” dell’idea di apocalisse. Come dovrebbe essere ormai chiaro, non è possibile pensarli separati. Piuttosto, i disastri di cui lei parla vengono interpretati come segni stessi della fine, cioè come prove indirette che dimostrano che il vecchio tramonta e il mondo sta finalmente correndo al suo rinnovamento. Svelando la realtà “vera” celata sotto la maschera della propaganda dei gruppi di potere, fondano e legittimano così “razionalmente” l’ansia e l’attesa stessa di una “apocalisse”».
«A proposito gli storici delle religioni differenziano la “divinazione” dalla “profezia”: che invece consiste nel “irrompere di messaggi divini nel mondo umano ad opera di quei messaggeri umani che sono i profeti”. Insomma: se la divinazione serve a rispondere a domande umane, ricorrendo al sapere divino sul futuro, la profezia è rivelazione d’un progetto divino che viene comunicato “a chi non la domanda”. Come che sia – e poiché le apocalissi sono “cicliche” e “periodiche”: perché per ognuna s’è ripetuto quel che ci suggerisce uno dei massimi paleontologi evoluzionisti, Stephen Jay Gould: “ogni volta, com’è sempre nella storia del pensiero apocalittico, il momento designato trascorre e la Terra sopravvive” (1997) – ancora al dì d’oggi siam qui ad attendere un nuovo – e stavolta esotico – “momento designato”.
«Si perpetua il contenzioso che dall’ultimo decennio del secolo scorso tocca alti livelli scientifico-accademici tra la scuola di medievistica francese, per la quale il Mille-e-non-più-Mille sia in gran parte frutto di una leggenda romantica del XIX secolo, e quella anglosassone che, a seguito di aggiornate ricerche, ritiene di poter insistere sul formarsi d’un terror panico medievale del millennium ad avere, da allora, alimentato di timori e di inquietudini l’immaginario collettivo occidentale. Limitando solo ad un paio gli esempi: se il grande storico francese Georges Duby afferma che “l’unica testimonianza medievale di cui ancor oggi si dispone è quella di un monaco dell’Abbazia di Saint Benoit-sur-Loire” che raccontò di alcuni preti che nella Parigi del 994 predicavano la “distruzione imminente”; a contrasto c’è il bostoniano Richard Landes che ritiene possa dimostrarsi come le opere d’un altro monaco dell’VIII secolo – l’erudito inglese Beda – fossero già state ampiamente copiate e distribuite “tra i cronografi di tutta l’Europa”; e da allora le implicazioni millenaristiche sull’avvento dell’anno Mille si sarebbero così divulgate “tra tutti i ceti sociali”.
«In realtà questi eventi apocalittici non rappresentano semplicemente una fine sic et simpliciter, ma preludono piuttosto a un cambiamento, a una cesura nella storia, ad una trasformazione del mondo e allo stabilirsi di un’età dell’oro. Si tratta quindi non di un termine, una fine, ma di un rinnovamento, un eschaton. Come sappiamo,la mitologia rappresenta una via maestra per la comprensione della psiche profonda: miti, teogonie, concezioni religiose, sono la trasposizione su un piano esterno di immagini primordiali; prodotte da strutture psichiche funzionali, omologabili agli istinti degli animali, che sono vere e proprie configurazioni a priori della mente (gli archetipi), questi, tramite le immagini simboliche, governano e rappresentano i temi fondamentali dell’esistenza umana.
«Ogni mitologema, ogni rappresentazione religiosa, ogni storia, rappresenta, in chiave metaforica, qualcosa dell’uomo, una sua parte nascosta, un suo tratto specifico, che proprio per il suo essere inconscio, viene proiettato all’esterno sulle raffigurazioni mitologiche e religiose; queste sono la personificazione di tali aspetti oscuri della psiche altrimenti inaccessibili all’orientamento logico-verbale della coscienza.
«Sulla base di quanto detto prima, siamo probabilmente di fronte ad un tema archetipico imperniato sulla paura della morte. L’uomo è l’unico vivente che sa di dover morire; a differenza degli animali che sono congelati nell’hic et nunc, l’uomo è consapevole del tempo che lo avvicina inesorabilmente alla propria fine individuale. Nell’immaginario dell’umanità, il processo dominante, come ipotizzato da Durand, è quello di rappresentare, figurare, simbolizzare gli aspetti del Tempo e della Morte allo scopo di dominarli/reprimerli. L’idea di una fine che non sia una fine, ma un nuovo inizio, rappresenta, quindi, una difesa contro l’insensatezza della morte.