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24 giugno 2013 1 24 /06 /giugno /2013 19:26

Obama in Sudafrica. L'omaggio al suo "maestro" Mandela

 

Nelson Mandela, è stato sempre un uomo che non si è mai arreso, di fronte a niente. Ha scritto la storia e ha trasmesso enormi valori ad un popolo che adesso e più di prima, ha compreso. Il suo stato di salute si aggrava oramai e  sembra che le speranze siano poche, anche se esistono ancora. Tutto ciò che succederà nelle prossime ore, verrà trasmesso da ogni emittente televisiva di tutto il mondo, tutti sapranno nuovamente cosa è riuscito a fare un solo uomo, nella propria vita. E nuovamente il mondo si ritroverà ad avere un uomo simbolo in meno. Riuscirà almeno a vederlo, Madiba? Barack Obama, con Michelle e le due figlie, è atteso in Sudafrica venerdì, dove rimarrà fino a domenica. E chissà se Nelson Mandela sarà allora ancora in vita. Visita preparata da tempo, quella del presidente americano, preceduta da una tappa in Senegal e seguita da una sosta in Tanzania. Una settimana lontano da casa che suscita curiosità, essendo Obama figlio dell’Africa, ma solleva anche parecchio clamore, per i suoi alti costi, in un’America ossessionata dai tagli alle spese: cento milioni dollari.

La concomitanza dell’addio al mondo di Nelson Mandela e dell’arrivo nel suo paese del primo presidente nero americano ha dell’incredibile e sembra fatta apposta per confermare l’immagine di una staffetta ideale tra l’eroe della lotta all’apartheid, una delle icone del Novecento, con Gandhi e Martin Luther King, e l’uomo-simbolo del nuovo caleidoscopio demografico e razziale che caratterizza non solo l’America di questo secondo millennio, ma l’intero sistema-mondo.
Strano, ma i due si sono incontrati personalmente una sola volta, e per pochi minuti. Avvenne nel maggio 2005, quando Barack Obama era ancora un senatore fresco di nomina, con ambizioni presidenziali confessate giusto a Michelle e a pochi intimi, e Nelson Mandela era ormai ex-presidente da diversi anni. Fu il leader sudafricano, che si trovava a Washington, a chiedere d’incontrarlo. Il colloquio si tenne nella stanza che Mandela occupava all’hotel Four Seasons. Ricevette il futuro presidente seduto su una poltrona, le gambe distese in alto, il fido bastone di canna poggiato al fianco. Obama si chinò per stringere con delicatezza la mano dell’uomo che aveva trasformato il Sudafrica e che, con la sua lotta, aveva rivoluzionato la lotta politica, con la sua capacità di coniugare intransigenza e forza con spirito di riconciliazione. C’è una foto di quell’incontro, fu scattata da David Katz, un collaboratore di Obama, ma non fu resa pubblica.

Obama deve molto a Mandela. Deve a lui se è in politica. Il suo primo discorso politico, pronunciato all’Occidental College di Los Angeles nel 1981 fu chiaramente ispirato da Mandela e dal movimento antisegregazionista impegnato nella campagna di isolamento del Sudafrica, con il boicottaggio e il disinvestimento dei capitali stranieri. Lo racconta Obama stesso in “Sogni di mio padre”. Di Mandela, il futuro presidente americano apprezza soprattutto l’invincibile perseveranza. È colpito dal modo in cui, in lui, la giusta miscela di pazienza e di capacità organizzativa possano produrre un cambiamento radicale e non violento. L’esempio di Mandela «contribuì ad aprire gli occhi verso un mondo più grande, e l’obbligo che tutti noi abbiamo di ergerci per cià che è giusto», scriverà Obama nella prefazione alle memorie di Mandela, “Conversazioni con me stesso”.
Dopo il breve colloquio al Four Seasons, i due premi Nobel per la pace non si sono più incontrati. Certo, Mandela si congratulò con Obama quando fu eletto nel 2008 e quella fu la telefonata più gradita dopo la storica elezione. Poi si sa di un’altra conversazione telefonica, questa volta in seguito a un tragico evento, nel 2010, quando il presidente statunitense chiamò Madiba per porgergli le sue condoglianze per la morte della pronipote rimasta uccisa in un incidente stradale mentre rientrava a casa dal concerto di apertura della coppa del mondo.

Così, ora, l’immagine di un passaggio del testimone tra i due, al capezzale di Mandela è molto “narrativa”. Eppure è forse più suggestione che realtà. È Obama stesso a lasciare cadere una simile idea, forse per un comprensibile senso di pudore e di umiltà nei confronti di un personaggio che egli considera un gigante unico. «Non ho mai sentito il presidente Obama paragonarsi in alcun modo con il presidente Mandela”, ha detto a Margaret Talev e Julianna Goldman di Bloomberg Valerie Jarrett, consigliera di vecchia data di Obama. «Sente che qualsiasi sfida si trovi di fronte semplicemente impallidisce al confronto con quanto ha dovuto sostenere Mandela».
Certo, riconciliazione, spirito bipartisan, multilateraalismo sono nelle corde del presidente democratico così come caratterizzarono la politica di uscita dall’apartheid e di dialogo con il mondo da parte di Mandela. In questo senso c’è tra i due una linea di continuità, dice a Bloomberg Jennifer Cooke, che dirige l’Africa Program al Center for Strategic and International Studies di Washington.

Al tempo stesso, tuttavia, non può esserci analogia tra il naturale terzomondismo di Mandela e le coordinate del capo della superpotenza americana, per quanto innovativo possa essere. Mandela criticò con la massima durezza la guerra di Bush in Iraq (in questo può ritrovarsi Obama) ma anche la politica clintoniana nei confronti di Cuba, Libia e Iran. Oggi, l’impiego dei droni e il massiccio ricorso allo spionaggio delle utenze private e della posta elettronica, che sono alla base delle politiche anti-terrorismo di questa amministrazione, sarebbero per Mandela – sostiene ancora Jennifer Cooke – «un anatema agli ideali di una politica estera basata sui principi».
Nel corso della tre-giorni sudricana, Obama visiterà anche Robben Island, dove Mandela trascorse 18 dei suoi 27 anni in galera. Poi l’omaggio a Mandela morente, solo se la famiglia lo consentirà.

"Tutto quello che posso fare come figlia è pregare che il trapasso sia tranquillo. Mio padre ha dato così tanto al mondo e credo sia sereno", ha detto Makawize Mandela, figlia dell’ex presidente sudafricano e della prima moglie Evelyn, "Viviamo giorno per giorno e preghiamo Dio". La donna ha poi chiesto ai media di farsi da parte: "È un padre e un nonno. Non siamo riusciti ad averlo con noi per la maggior parte dei nostri anni. Questo è un momento sacro per noi e mi aspetterei che il mondo ci lasciasse in pace. Dateci lo spazio per essere con nostro padre: sia che questi siano i suoi ultimi momenti con noi o che ci sia ancora tempo".

"I medici stanno facendo il possibile per migliorare le sue condizioni e garantire a Madiba la massima assistenza e cura", si dice nella nota riferendo di Mandela con il nome del suo clan.

Mandela, che è diventato il primo presidente nero del Sudafrica dopo le elezioni di quasi 20 anni fa, è stato portato d'urgenza nell'ospedale di Pretoria lo scorso 8 giugno per la recrudescenza di una infezione polmonare, con il suo quarto ricovero ospedaliero negli ultimi sei mesi.

Fino a domenica le sue condizioni erano descritte come "serie ma stabili", e dai commenti dei membri della sua famiglia e del suo successore alla presidenza, Thabo Mbeki, sembrava che fosse in via di guarigione.

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